Cagliari 23 Gennaio 2001, Teatro Comunale
JOE JACKSON & BAND
La buona musica ogni tanto fa tappa anche a Cagliari.
Ieri e’ stata la volta del mitico Joe Jackson, l’autore di “Night and Day”, capolavoro assoluto dei primi anni ’80, fortunato risultato della fusione di pop, salsa e una punta di jazz, innovativo allora come oggi, immancabile in ogni discoteca che si rispetti.
L’eclettico musicista inglese, integralista e impeccabile come sempre, delizia il goloso pubblico cagliaritano con un’eccellente selezione dei suoi successi, intervallati timidamente, senza troppa convinzione, da qualche episodio della sua produzione più recente, senz’altro meno ispirata, ma comunque godibile.
La band di sei elementi, di tutto rispetto, include il bassista Graham Maby, fedelissimo di Joe Jackson fino dai tempi degli esordi, Allison Cornell, violinista – tastierista nonché vocalist dall’ottima presenza sia musicale che scenica, la violoncellista Catherine Bent, il tastierista Andy Ezrin, la corpulenta Sue Hadjopoulos – già percussionista vent’anni fa dello storico “Night and Day” – e il batterista Bob Rodriguez.
Lo show, diviso in due tempi con intervallo di quindici minuti, per un totale di circa due ore effettive di musica, e’ pieno di richiami (a partire dal titolo) a “Night and Day”: il palco, con il banco del mixer e i cavi in evidenza, e’ plasmato ad immagine e somiglianza della foto all’interno della copertina del disco; l’esecuzione dei brani durante il primo tempo e’ senza soluzione di continuità, come nella prima facciata di “Night and Day” (il “night side”); l’opera del 1982 e’ riproposta quasi per intero (gli unici brani esclusi sono “T.V. Age” e “Cancer”).
Pregevole il set acustico (a parte una velleitaria interpretazione di “Eleanor Rigby” dei Beatles) all’inizio del secondo tempo, con un ispirato Jackson che, da solo con il piano, riempie la scena con classici riadattati quali “It’s different for Girls”, “Home Town” e “Be My Number Two”.
Finale in gloria con “Stepping Out”, più volte accennata durante il concerto, e la struggente “Slow song”, durante la quale i musicisti abbandonano ad uno ad uno il palco, lasciando la chiusura al sobrio basso di Graham Maby.
Originale e suggestivo.
Complessivamente, una serata da ricordare, rigorosamente vietata ai minori di trenta anni.
Fab Fub