Concerto in Do Maggiore BWV 1061 per due clavicembali e archi
Nel 1729 per Bach si apre un nuovo orizzonte. Come direttore del Collegium Musicum a Lipsia, posto che occuperà fino al 1740, accanto al dovere di produrre musica liturgica, Bach può concedersi alla pratica costante del suonare con l’orchestra di studenti e amateurs nei locali messi a disposizione da Zimmermann, proprietario di Coffee House. Dell’orchestra fanno parte anche i figli Friedemann (1710) e Cari Philipp Emanuel (1714). Al clavicembalo siede Bach. La relativa scarsità di buoni solisti di violino, in Germania, conduce a una rinnovata attività nella conversione di materiali precedenti: quasi tutti i Concerti per più tastiere e archi, nati in questo contesto "laico" di Lipsia, sono trascrizioni di concerti per strumenti "melodici" (violino, oboe).
Fa eccezione il Concerto in Do maggiore BWV 1061 per due clavicembali e archi. In genere nelle trascrizioni bachiane, la trasposizione dal violino alla tastiera avviene con rispetto molto puntuale dell’arco, della curva melodica e dei passaggi originali. Nel caso del Concerto in Do maggiore non esistono dubbi: il pensiero musicale è sviluppato sulla specificità della tastiera. Lo denuncia subito la parte introduttiva, concepita come pagina concertante per i due strumenti solisti, con le quattro parti strettamente relazionate fra loro.
In qualche modo, la cadenza del Concerto Brandeburghese n. 5 porta a questa introduzione fortemente sbalzata sulle due tastiere. Il trattamento solistico dell’Adagio e la fuga del terzo tempo conclusivo completano il quadro di quel che può essere definito il primo Concerto della storia completamente pensato per tastiera. E vero che le parti per gli archi vennero aggiunte successivamente, ma punto focale della novità dell’invenzione bachiana fu proprio il fatto che le parti soliste non nacquero come trascrizioni di linee "monodiche" ma come voci di una polifonia solista destinata a confrontarsi, alternarsi e fondersi con l’orchestra.
Le due tastiere sono trattate in forma assolutamente paritetica. Nell’Adagio (Siciliano) il loro duetto è condotto a stretto giro di canone. Rispetto agli archi, poi, non c’è tensione o contrapposizione tonale. Nell’ultimo movimento fugato, dopo una esposizione a tutta scala, si arriva a una sezione centrale che ancora una volta porta in primo piano i due strumenti solisti, i quali, convergendo su un disegno comune, trascinano poi l’orchestra all’unità. Tutto il Concerto BWV 1061 tende a una fusione fra le parti che lo rende davvero una pietra del paragone per ogni forma-Concerto futura.