giovedì 24/11/2005
XXIII FESTIVAL INTERNAZIONALE JAZZ IN SARDEGNA
Auditorium di Piazza Dettori, Cagliari | ore 21 | ingresso: 10 €
DOUG WAMBLE – “BLUESTATE”
con
DOUG WAMBLE – CHITARRA, VOCE
ROY DUNLAP – PIANO JEFF HANLEY – BASSO
PETER MILES – BATTERIA
Doug Wamble, il nuovo talento del jazz, giunto al successo discografico sotto l’ala protettrice di due personaggi di spicco del jazz come Brandford e Winton Marsalis, debutta a Cagliari, giovedì 24 novembre all’Auditorium di P.zza Dettori (ingresso 10 € – inizio ore 21), ospite del terzo appuntamento del XXIII Festival Internazionale Jazz in Sardegna. Un esordio alla grande che lo vedrà accompagnato sul palco dall’eccellente formazione che comprende Roy Dunlap al piano, Jeff Hanley al basso e Peter Miles alla batteria, suoi decennali compagni di viaggio, per presentare il secondo album “Bluestate”, che sa ben coniugare il gospel e Ornette Coleman, il New Orleans jazz dei Marsalis e la musica country, pre-bop jazz e il r & b di Memphis. Giovane chitarrista che suona acustico, cantante blues ed autore che si muove tra jazz e musica tradizionale americana, Wamble, nativo del Tennessee, canta con uno stile deep south e fa tesoro degli insegnamenti gospel, dimostrando una innata musicalità, un solido back-ground ed una grande capacità di dirigere, fondere, arrangiare ed interpretare qualunque genere musicale. Suona una chitarra semiacustica Gretsch Constellation del ’55 che spesso usa in maniera atipica, ovvero amplificandola con il solo ausilio di un microfono (come fanno i musicisti bluegrass) e suonandola spesso slide. Tradizionalista del jazz, il “pupillo” di casa Marsalis propone una musica già matura, compiuta, difficile da individuare. Le sue origini affondano tra quelle dei cantanti bianchi in grado di dare un forte sapore afro-americano al folk di lontana origine europea, una corrente che ha radici profonde, in cui ama riscoprire il blues rurale, il gospel, lo swing e il post bop. Un mondo rustico di chitarre che riflettono le voci calde del blues, le sonorità del country, del jazz e una forte passione per i timbri acustici legati al recente passato folk degli USA, delle campagne e dei settori urbani dalle forti connotazioni etniche.
Prossimo appuntamento con Jazz in Sardegna è per il 9 dicembre (sempre all’Auditorium) con la nuova regina incontrastata del canto jazz, Nnenna Freelon che approderà a Cagliari con un eccezionale quintetto guidato dal grande pianista e trombettista Brandon McCune.
Per informazioni /o prenotazioni rivolgersi al CALL CENTER di V. Sulis n° 41- CAGLIARI – tel. 070/ 684275 (dal lunedì al venerdì 9.30/13.30 – 16.30/20.00; il sabato dalle 9.30 alle 13.30), oppure al Box Office di V.le Regina Margherita 43 Cagliari – 070/657428. Si ricorda ai possessori della carta giovani che potranno usufruire di uno sconto di 5 € sul prezzo del biglietto intero.
DOUG WAMBLE – BIOGRAFIA La sua carriera si sviluppa nel 1997 a New York entrando in contatto con il celebre trombettista Wynton Marsalis e la Lincoln Center Jazz Orchestra. Sin dai tempi del college è al fianco di Dunlap e Miles, suoi compagni di scuola a Jacksonville in Florida. Con questi, raggiunge un affiatamento musicale tale da permettere loro oggi di suonare le opere dei grandi maestri come Ornette, Monk e Trane. Il primo album solista “Country Libations”, esce nel 2003 per l’etichetta di Brandford Marsalis, un lavoro caratterizzato dall’incontro fra bluesman, elementi folk e ritmiche jazz soprattutto degli anni ’30, ma che rende anche omaggio ai grandi del post bop come John Coltrane. Nel recente secondo album “Bluestate”, edito quest’anno dalla stessa casa discografica, Wamble prosegue il discorso musicale intrapreso nell’esordio, migliorandolo.
Con la sua band ha attraversato le più disparate esperienze dal vivo e girato il Midwest con un furgone. <<Suonando giorno e notte, sviluppando la musica per “Bluestate”, si definì concretamente ciò che eravamo. Questa esperienza focalizzò la nostra attenzione verso il jazz, ma in un certo modo, ci portò anche verso altri generi eclettici, come il blues e il gospel. La strada ci ha costretto a far confluire diversi generi in un punto di coesione. Mescolammo le mie influenze selvagge in qualcosa di coerente>>, spiega Wamble.
“Bluestate” è caratterizzato dalle sei composizioni originali, cuore pulsante del nuovo disco. Due di queste, l’esotica “Antoine’s Pillow Rock” e “The Homewrecker Hump,” sono motivi d’altri tempi influenzati da vecchie storie. “`Homewrecker’ è un brano da cui ha Wamble ha tratto ispirazione attraverso la melodia di Bartok e ‘Stretto dal Ghetto’, il pezzo registrato dal bassista Bob Hurst nell’album di Brandford della Columbia “I heard you twice the first time”. “Antoine”, scritto più o meno nello stesso periodo, è dedicato ad un amico bassista, Anthony Perez”, mentre “The bear and the toad” è una sua recente composizione scritta per un duo di chitarra/basso. I restanti brani originali, scritti specificatamente per “Bluestate”, toccano la sfera dei sentimenti personali, specialmente “Gone away”, che musicalmente si avvicina maggiormente al blues e al gospel. <<“If I Live to See the Day” e “No More Shrubs in Casablanca” furono scritte in risposta alla guerra in Iraq. “Ero ad Amburgo con mia moglie (la cantante lirica Janna Baty) quando la guerra iniziò. “Scrissi quel brano molto velocemente, quale sincero riflesso dei miei sentimenti di rabbia e solidarietà, stando in Europa e potendo osservare l’America dall’esterno>>. “Bluestate” è completato da tre covers che sottolineano il regalo di Wamble nel riportare quella musica da cui egli stesso trova ispirazione. “Peter Gabriel’s %u2018Washing of the Water’ lo riconduce indietro di 13 anni, quando frequentava la scuola dove incontrò i suoi attuali compagni di viaggio, Roy Dunlap e Pete Miles.
Il brano originale scritto da Dunlap “One Ninin”, trova il quartetto su un terreno più lineare e molto in avanti. <<Roy scrive sempre brani difficili, con metriche alternate e piene, e la prima volta che ho sentito i ragazzi suonare alle prove su quel brano ho pensato che fosse di Monk. Non ero sicuro all’inizio che potessimo registrarlo, ma poi ci incontrammo un paio di volte con Brandford e capii che quel pezzo doveva esserci nell’album. E’ in Re, la mia chiave preferita; e suona a meraviglia.
Pete che è il fan più appassionato del mondo di Peter Gabriel, mise per me una notte in macchina %u2018Washing of the Water’, e mi colpì profondamente.>.
Come per il titolo dell’album, Wamble nota, che “Bluestate” è <<un poco obliquo, e può essere interpretato in più di un modo. Ma io non ho paura di esprimere ciò in cui credo, semplicemente quando vedo problemi, ho bisogno di fissarli. E’ stato incredibile vedere così tante persone coinvolte nel mondo della politica quest’anno, e progetto di starne coinvolto anch’io, vincitore o perdente. Sono un fan dei Titans del Tennessee, e ogni settimana questi più o meno perdono, ma rimango comunque un loro fan. E’ la stesso modalità con cui mi approccio alla politica>>.
Wamble propone un’analogia con il mondo dello sport per descrivere il progresso che l’ultimo disco rappresenta nella sua crescita musicale. <<Puoi prendere e riunire grandi atleti che non hanno mai discusso il piano di gioco ma sono tutti in gamba e abili nel loro ruolo, e raggiungeranno alcune vittorie, anche se non necessariamente tutte. Come leader di una band, mi sento come l’allenatore, con la responsabilità di trasformare gli individui in vincitori. Per giungere sulla pista veloce della crescita, è necessario guidare la band verso la direzione giusta. E nell’indicare la direzione, devi essere irremovibile in quello che fai>>. Con “Bluestate”, Doug Wamble e il suo quartetto si stanno muovendo indubbiamente in una corsia ben definita.