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DA CAGLIARI A SAMUGHEO
Alla ricerca dei sapori perduti.
 

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Partiamo da Cagliari  sulla S.S. 131 Carlo Felice: la strada attraversa tutto il Campidano senza mai incontrare un paese, ma il percorso è piacevole e ci permette di osservare i grandi spazi della pianura più grande dell’isola.
Lo sguardo nelle giornate di sole arriva sino ai monti più lontani.

Poco prima di arrivare a Oristano , dopo aver costeggiato le ricche coltivazioni della piana di Arborea , arriviamo a Santa Giusta.

Prima di arrivare nell’abitato costeggiamo lo stagno omonimo, celebre per la sagra di Santa Giusta, che si tiene il 14 Maggio, e le regate de Is Fassonis , imbarcazioni costruite con le erbe palustri, che ricordano quelle peruviane del lago Titicaca.

Santa Giusta è l’antica Othoca, prima punica e poi romana: nell’abitato, sull’unico rilievo del terreno si trova la bella basilica romanico-pisana, dedicata alla martire che ha dato anche il nome al paese.

La chiesa risale alla prima metà del XII secolo e presenta tre navate che gravano su colonne di diverso stile, in marmo e granito, in parte provenienti dalle antiche città romane di Tharros, Othoca e Neapolis.

A Santa Giusta si preparano la bottarga, il caviale locale, costituita dalle uova di muggine essiccate, e sa merca, muggine lessato in acqua salata e avvolto in foglie di acqua palustre (zibba).

Rientrati sulla Carlo Felice, lasciamo Oristano sulla sinistra e svoltiamo sulla S.S. 380 al bivio per Simaxis.

Giunti in paese continuiamo verso Fordongianus  sulla S.S.388, nella bassa e media valle del Tirso.
Si tratta di una zona pianeggiante a prevalente economia agricola e vitivinicola, ricca di verde e molto fertile.
E’ l’antica Forum Traiani, situata lungo la strada che in epoca romana conduceva da Karales a Olbia.

Nel territorio si hanno importanti testimonianze di epoca preistorica, fenicio-punica e romana.

Appartengono a quest’ultimo periodo i ruderi di un acquedotto e di un anfiteatro in località Apprezzau e i resti delle antiche terme sulla riva sinistra del fiume Tirso: si tratta probabilmente dell’antico centro di Acquae Hypsitanae, citato da Tolomeo.

Per arrivare alla zona archeologica, nel paese si gira nella via Terme, la quarta a sinistra, che conduce direttamente all’area.
Si conservano diversi ambienti concentrati intorno ad una piscina porticata, con delle piccole celle provviste di una vasca da bagno.

Interessanti nell’abitato anche le case, costruite in gran parte in conci di trachite rossastra o grigia, a uno o due piani, di ottima fattura.
Notevole in via Traiano la cosiddetta “Casa Aragonese”, costruita tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento in stile tardo-gotico.

Da citare nella stessa via anche la chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, in trachite rossastra.
Edificata in stile gotico aragonese nel XVI secolo, la struttura possiede una splendida facciata.
Tra le specialità del paese segnaliamo alcuni tipi di dolci di mandorle.

Abbandoniamo la S.S.388 e ci dirigiamo verso Samugheo.
A questo punto il percorso si inoltra lungo le valli del rio Mannu e del rio Araxixi, su una strada piena di curve e tornanti, tra speroni rocciosi e profondi dirupi solcati dai due fiumi e da piccoli torrenti, in un paesaggio prevalentemente montuoso e ricco di flora e fauna.

Samugheo sorge su un piccolo altopiano basaltico.
Nel territorio si conservano i resti di alcuni nuraghi (Pirarba, Taccu e Perdadossu).

Interessante nel paese la chiesa parrocchiale di San Sebastiano, in stile tardo-gotico. Notevole la facciata e il campanile a canna quadrata con chiusura piramidale.
Da segnalare all’interno un pulpito in legno finemente intagliato, due dipinti raffiguranti la Madonna e un coro ligneo.

Samugheo produce olio, formaggio e vino: ottimi i prodotti del caseificio locale e i vini della cantina sociale. Molto interessante anche la produzione artigianale di tappeti, arazzi, coperte, del legno intagliato e del sughero.

Specialità: carni arrosto, prosciutto, vino, dolci di mandorle e papassinus de saba (pasta, mosto cotto, uva passa e mandorle).

Il paese del Mandrolisai  è conosciuto anche per il suo caratteristico Carnevale. Anche qui vengono riproposte antiche tradizioni che utilizzano richiami ad un mondo oggi quasi scomparso.

Come ad Orotelli, Ottana e Mamoiada prevalgono dei riti incentrati su maschere dall’aspetto terrificante: i Mamutzones  coperti di pelli di capra, con grandi corna su copricapi di sughero, portano appesi sul corpo dei campanacci e hanno il volto annerito dal sughero bruciato.

I Mamutzones danzano scomposti intorno a s’Urtzu, figura tragica e triste, per metà caprone per metà uomo, che su ‘Omadore, il pastore, percuote e tormenta fino al sacrificio.