MONTE NIEDDU IN MTB
Itinerario tra i graniti della Gallura.
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Prima di affrontare il percorso il consiglio è quello di percorrere i 4 km che separano San Teodoro dal punto di partenza per riscaldarsi. Attenzione siete sulla S.S. 125, una via molto trafficata e priva di banchine laterali.
Venendo da San Teodoro in direzione Nuoro, si lascia la statale 125: siamo in località Buddittogliu (76 metri), il punto di partenza.
Qui si piega a destra per via Aresula, superate le case del villaggio si volge a sinistra (via Lu Carrulu Ecchiu).
Sottopassata la superstrada per Nuoro ci si affaccia alla vallata che si spinge fino alle più alte falde del monte.
Presso il ponte si trova una fontana: attenzione, è l’ultima possibilità di rifornirsi d’acqua.
Qui si chiude l’asfalto, dopo una prima salitella, seguita da una discesa, si varca il Rio Caccia Nova e si entra nella valle in leggera ascesa.
La vegetazione è brulla, prevalgono le rocce, in prevalenza costituite da splendidi graniti rosati.
Qui si è già soli in mezzo alla natura: non di rado può capitare di vedere volteggiare in cielo qualche falco pellegrino.
La sosta non è obbligatoria, ma al km 3 c’è un’altra fontanella: il problema è che non sempre getta acqua.
Qui è dura psicologicamente: si inizia a scorgere il “muro”, sono i cinque tornanti, alcuni dei quali in cemento, che a 328 metri di altezza vincono un diaframma di roccia.
Alcuni tratti arrivano al 24% di pendenza. Scollinando si passa un cancello. Giunti ad un bivio si entra nella parte superiore della valle, la più remota e selvaggia. Entrambe le direzioni sono invitanti: quella di destra percorre un ruvido vallone e con altri tornanti guadagna la Vedetta Palemonti (615 metri sul livello del mare).
Prima di arrivare in uno dei punti più panoramici del percorso, bisogna però salire almeno altri 200 metri in meno di 2 km.
Lo spettacolo dalla Vedetta vale da sola lo sforzo della pedalata: la vista spazia sino alla costa di Olbia, si vedono lo stagno di San Teodoro, Tavolara e le altre isolette che le fanno da satelliti.
Dal bivio, stando a sinistra si scende, ma di poco.
Si rasenta la caserma forestale Pitrisconi (378 metri), e si prosegue verso la testata della valle, proprio sotto le rupi di monte Nieddu, traforate dal vento in mille fantastiche forme.
Al crocicchio di Campu Brandanu (394 metri), ben evidente, circa un km dopo Pitrisconi, si deve tenere la direzione di sinistra.
La strada che si abbandona prosegue fin quasi alla punta Maggiore (971 metri), massima elevazione del monte Nieddu, ma il fondo sconnesso risulta impraticabile anche ai migliori pedalatori.
Conviene allora tenere a sinistra lungo una carrareccia, percorribile solo dai fuoristrada, che aggira il dosso erboso di Lamaggiu, insospettabilmente cosparso di pozze e laghetti, e si lancia in una forsennata discesa in una profonda forra.
La strada è obbligata. Si supera un cancello chiuso, per proseguire attraversando radure via via sempre più luminose. Erano i luoghi ove convenivano il legname e il carbone di legna, prima di essere mandati al porto di Lu Calboni (“il carbone”), nei pressi di San Teodoro, per la spedizione nel continente.
Il nome monte Nieddu sta per “monte nero”, a causa della folta e scura cortina arborea che lo rivestiva. Alberto La Marmora, il primo esploratore scientifico dell’isola, ricorda come nel XIX secolo qui proliferassero alberi di tasso e di ginepro dalle dimensioni colossali, oggi purtroppo scomparsi per la cupidigia degli speculatori.
Oggi fortunatamente il massiccio è sotto tutela e si prospetta l’istituzione di un parco naturale.
Si pedala sul versante opposto della valle percorsa all’andata. C’è ancora un accenno di salita che culmina con un bivio: a destra si arriva all’agriturismo Aresula, a sinistra si ritorna velocemente a Budditogliu e poi a San Teodoro.