Home E Guida Turistica E Musica in Sardegna – Francesco De Gregori

FRANCESCO DE GREGORI
Poetico e graffiante, arriva allo stadio comunale di Macomer il Principe della canzone italiana, Francesco De Gregori, venerdì 25 luglio. Lo spettacolo organizzato da Sardegna Concerti avrà inizio alle ore 21,30 e replicherà il 27 a Capoterra.

Discepolo dei migliori songwriter d’oltre Oceano, da Bob Dylan a Leonard Cohen, Francesco De Gregori è da sempre uno dei più importanti cantautori italiani.

Di lui hanno detto di tutto: pignolo, impegnato, ermetico, troppo riservato, burbero, scorbutico, anticonformista a tutti i costi.

Da intellettuale qual è, De Gregori ha sempre costruito le sue canzoni avendo come riferimento la migliore produzione poetica del Novecento e grazie a quella dote naturale che è la sua poesia, pubblicata ormai anche sui libri scolastici, veste le sue canzoni con versi che cantano da soli. “Niente da capire”, “Caterina”, “Non dirle che non è così”, “Raggio di sole”, “Due zingari”, “La valigia dell’attore” sono canzoni d’amore universali, favole contemporanee dedicate agli uomini e alle loro storie.

Quanti hanno avuto “Rimmel” o “Buonanotte fiorellino” quale colonna sonora della conquista del cuore o della delusione sentimentale? De Gregori è entrato nella storia della musica italiana abbracciando almeno tre generazioni di fan. E’ stato l’artefice del cambiamento “tecnico” della canzone d’autore, abituata da sempre all’unica rima “cuore – amore”.

Con l’ultimo disco, Il fischio del vapore, inciso insieme a Giovanna Marini e dedicato alla canzone popolare italiana, sembra aver chiuso un cerchio che lo riporta ai tempi del Folkstudio, dove debuttò a soli 18 anni. Nel frattempo ogni concerto è una sorpresa: un repertorio sterminato di brani classici arrangiati sempre diversamente, perché il Principe della canzone italiana ama suonare ma odia la routine.

Biografia
Nato a Roma il 4 aprile 1951, giovanissimo è ispirato da Dylan e, spinto dal fratello Luigi (Luigi Grechi), comincia diciottenne a esibirsi con alcune traduzioni dei brani di Dylan al Folkstudio di Giancarlo Cesaroni.

A quel tempo in quel locale si esibivano anche Antonello Venditti, Ernesto Bassignano, Mario Schiano, Giovanna Marini, Mimmo Locasciulli, Edoardo De Angelis, Archie Sawage, Stefano Rosso Riccardo Cocciante, Paolo Pietrangeli, Giorgio Lo Cascio, ovvero “I giovani del folk” che, sotto le ali protettrici di Cesaroni, contribuirono, senza saperlo, a creare la “Scuola Romana” della canzone d’autore italiana.

In quel periodo, ancora ventenne, De Gregori gira l’Italia accompagnando con la chitarra la folk-singer Caterina Bueno da Firenze, autrice della canzone “Cinquecento catenelle” (a cui lo stesso De Gregori dedicherà poi il brano “Caterina” in Titanic).

Dopo qualche tempo entra a far parte della scuderia della It di Vincenzo Micocci (colui che Fortis avrebbe voluto ammazzare in “Milano e Vincenzo”) e realizza il suo primo album Theorius Campus, diviso equamente con Antonello Venditti, ma con maggiore successo per quest’ultimo.

Nel 1973 passa alla Rca e realizza il disco il suo primo album interamente da solo, Alice non lo sa, in cui sono contenute la malinconica “Alice”, che arriverà ultima a “Un disco per l’estate” (Francesco, allora capellone, partecipa alla manifestazione con i Vianella, sempre della It) e “Suonatori di flauto”, regalo di battesimo per il figlioccio Francesco (guarda caso), bambino vestito di cielo di Lo Cascio.

Il disco ottiene comunque un discreto successo e conferma De Gregori come uno dei cantanti emergenti più amati dal pubblico giovanile d’avanguardia. Nel 1974 esce Francesco De Gregori (quello con la pecora in copertina dipinta da Gordon Fagetter), un disco nettamente “degregoriano”, dove sono contenute meravigliose canzoni come “Cercando un altro Egitto”, la privatissima “Bene”, “Niente da capire” e “A Lupo”.

In quest’ultima (tutti si domandano “ma perché non dice “Al lupo”?), oltre che di cose private di Francesco e della mitica Renault 4 con la quale girava insieme al suo compagno di viaggio Lo Cascio, si racconta di un impresario soprannominato “Lupo”, che giurava sempre su sua figlia.

Un giorno Salvatore Quasimodo regalò a questi un suo libro con la dedica “A Lupo, anima pura, perché non giuri più sulla sua bambina”. Questo per dire che quando comparvero le canzoni di Francesco, specialmente quelle del disco sopra citato, la stampa specializzata del settore innestò delle feroci polemiche culturali per quel suo usare in estrema libertà le parole, accusandolo di ermetismo.

Per la prima volta, nel panorama musicale italiano, la cosiddetta “canzonetta” italiana, così attenta al testo, sembrava non raccontare più niente. Ma le sue canzoni, invece, sono di una chiarezza cristallina; sembra che si diverta a scrivere i racconti degli uomini (compreso se stesso) usando le metafore come uno stimolante calcolo matematico, con parole simili a numeri perfetti, incastonati assieme alle note nella planimetria melodica della canzone che sta per nascere.

Tutto questo geniale “computo metrico” De Gregori, l’unico che riesca a scrivere contemporaneamente parole e musica, lo fa con naturalezza, non sa nemmeno lui perché e come.

E poi, per capire veramente queste autentiche opere d’arte (perché, come altre forme d’arte, di questo si tratta), basta essere a conoscenza di alcune situazioni del testo per catturarne la chiave di lettura (vedasi “A Lupo”). A quel punto – e ha ragione lui quando dice che le sue canzoni sono chiarissime – tutto appare limpido e trasparente. Tutto più chiaro che qui o… non c’è niente da capire?

Nel 1974 Fabrizio De André si recò al Folkstudio e chiese a Luigi Grechi di fargli ascoltare i brani del fratello. Nacque così l’amicizia con il poeta della “Canzone di Marinella” e, conseguentemente, la parentesi sarda di De Gregori, che lo porta alla collaborazione con il cantautore genovese per la realizzazione del disco “Volume ottavo”, dove troviamo la sua firma in “La cattiva strada”, “Dolce luna”, “Le storie di ieri “, “Oceano” e “Canzone per l’estate”, interpretate poi da De André.

Nel 1975 viene pubblicato Rimmel, capolavoro di De Gregori e pietra miliare della canzone italiana. Altre autentiche perle sono “Pablo” (che parla semplicemente di un emigrato spagnolo ed è stata attribuita, invece, a numerosi esuli politici e addirittura a Neruda) con l’arrangiamento di Lucio Dalla; la famosa “Buonanotte fiorellino” ispirata da “Winterlude” di Dylan e la canzone d’amore “Pezzi di vetro”. Altra storica traccia dell’album è “Quattro cani” (alias Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Lilli Greco e Patty Pravo). Resta invece un mistero la dedica de “Il signor Hood”: – a M. con autonomia – (si tratta forse di Mimmo Locasciulli, di Pescara?).

I tempi sono maturi e Francesco prende in affitto un antico trivani in Via del Mattonato in Trastevere (di fronte al Folkstudio), abbandonando per sempre la casa dei genitori che preoccupati, pensavano con apprensione al loro secondo figlio che affrontava da solo il mondo, al centro del pericoloso incrocio dei venti, armato soltanto di una chitarra Eko anziché del protettivo scudo della laurea in Lettere, come avrebbero voluto.

Il 1976 è l’anno di Bufalo Bill, che non bissa il successo di Rimmel ma viene definito da De Gregori il suo “disco più bello”, quello del periodo più sereno e felice della sua vita.

De Gregori dipinge, attraverso la descrizione dell’ultimo e penoso spettacolo di Bufalo Bill, il vero e vecchio mondo americano che se ne va per lasciare il posto al mito della frontiera, alla motorizzazione (il meccanico “culo di gomma”), alla conquista dell’Ovest, all’avvento dell’ipocrita cultura americana, quella dei boy scout, delle ragazze pin-up, del sogno americano, del sorriso a trentadue denti e del falso ottimismo d’oltreoceano.

Oltre alla title track, l’album vanta ballate di struggente intensità, come “Atlantide”, “L’uccisione di Babbo Natale” e “Santa Lucia” e la preveggente “Disastro aereo sul Canale di Sicilia”.

Il 1977 è l’anno buio di De Gregori il quale, durante un concerto al Palalido di Milano, subisce un processo politico da parte di un gruppo di spettatori appartenenti a un gruppo extraparlamentare di sinistra che prende la musica troppo sul serio, i cosiddetti “autoriduttori”.

Qualche tempo dopo De Gregori, commentando l’episodio, dirà: “Per come si erano messe le cose avrebbero anche potuto spararmi: è stato un piccolo momento della strategia della tensione”.

Quella di accusare i cantautori di arricchirsi con la scusa del messaggio politico era una moda assai frequente in quegli anni. L’allora giudice di quel processo-farsa, Gianni Muciacia, ex di Jo Squilo e adesso tranquillo signore, dichiara ancor oggi che il processo fatto a De Gregori era assolutamente normale.

“Era un fatto di moda e non di voglia” avrebbe detto Guccini, cioè doveva essere fatto comunque, al di là di ogni ideale politico.

A farne le spese, invece, è De Gregori, che colpito nella sua sensibilità, sospende la tournée e si ritira dalle scene per un lungo periodo durante il quale decide addirittura di cambiare mestiere, lavorando anche in una libreria romana. Successivamente, sposa una sua ex compagna di liceo, Alessandra Gobbi, la quale lo illuminerà dal quel buio con due “raggi di sole” chiamati Marco e Federico.

Nel 1978, dopo due anni di assenza, De Gregori pubblica l’omonimo disco nel quale sono contenute la famosa ode antimilitarista “Generale”, la malinconica “Natale”, la tenera “Raggio di sole” e le due versioni di “Renoir” dove viene tradotto in musica il divertente calcolo algebrico “Gli aerei stanno al cielo come le navi al mare, come il sole all’orizzonte la sera, come è vero che non voglio tornare”.

Il disco ottenne un buon successo facendo tirare un sospiro di sollievo ai suoi fan, che temevano il peggio. Da quel momento in poi Francesco capisce finalmente che il suo vero mestiere è proprio quello di scrivere canzoni.

Ma è nel 1979 che, grazie a una colossale campagna di recupero della Rca e a Lucio Dalla, ritornerà sul suo amato palco cimentandosi in quello che sarà uno dei più grandi eventi della musica leggera italiana: Banana Republic, un’estate densa di concerti negli stadi d’Italia e un successo di enormi proporzioni da cui vennero tratti un doppio album dal vivo e un film.

Al termine della tournée viene pubblicato, sempre nel 1979, l’album Viva l’Italia. Un disco più soft in cui, per la prima volta, compaiono nella sua produzione musicale i ritmi sudamericani (“Eugenio”, “Buenos Aires”, “Gesù Bambino”). Per la realizzazione del disco, al contrario di altri cantanti italiani, De Gregori non si reca negli States per l’incisione ma, al contrario, fa venire in Italia alcuni valenti strumentisti statunitensi, con l’intenzione di fondere tra loro melodia italiana e sonorità internazionali. De Gregori si avvale della produzione di Andrew Loog Oldham (ex produttore dei Rolling Stones) e dell’apporto di ottimi musicisti statunitensi. A trascinare l’album è però la title track, dolente ballata in chiaroscuro sulla storia dell’Italia contemporanea.

Intanto, il cantautore romano diventa sempre più mito, la sua riservatezza diventa leggendaria e per questo viene soprannominato “Il Principe” della canzone italiana. Il suo atteggiamento con la stampa non è sempre stato idilliaco e lo stesso comportamento lo ha assunto anche con il suo pubblico: ha sempre cercato, con tutte le sue energie, di proteggere la sua vita privata, di evitare di diventare un divo, un personaggio, un simbolo.

Il 1982 è l’anno del fantastico Titanic, dedicato alla tragedia del famoso transatlantico della Star Line (“Titanic”, “I muscoli del capitano”, “L’abbigliamento di un fuochista”) e del suo comandante Smith, spesso citato da De Gregori durante i suoi concerti.

Nel 1983 compone la colonna sonora del film “Flirt” che pubblica in un Q-disc, nel quale è racchiusa quella che è stata definita una delle più belle canzoni d’amore della musica italiana: “La donna cannone”.

Nel 1985 ancora una collaborazione importante, questa volta con Ivano Fossati, nel disco Scacchi e tarocchi, nel quale troviamo l’intensa canzone omonima del disco, dedicata agli anni di piombo e “A Pà”, dedicata a Pasolini. Nel 1987 De Gregori pubblica Terra di nessuno. Fra le canzoni, la stupenda “Pilota di guerra”, ispirata dal romanzo “Il piccolo Principe”.

La maturazione musicale emerge in maniera più evidente negli ultimi album Mira Mare 19.4.89 al quale seguono i 3 album live Catcher in the sky, Musica leggera e Niente da capire (usciti nel ’90 contemporaneamente). Quindi è la volta di Canzoni d’amore (1992), con “Stella della strada”, “Bellamore” e “Tutto più chiaro che qui”, dedicata al padre.

Dopo i due dischi dal vivo Il bandito e il campione e Bootleg, giungono quattro lunghi anni di silenzio, durante i quali De Gregori si improvvisa giornalista su l’Unità diretta dall’amico Walter Veltroni, scrivendo toccanti articoli su vicende attuali della storia d’Italia.

Nel 1996, dopo quattro anni di silenzio, con una nuova band (ma con l’onnipresente Guglielminetti) e con la collaborazione di Corrado Rustici negli arrangiamenti, pubblica Prendere e lasciare. Il disco vede maturare maggiormente De Gregori dal punto di vista delle sonorità, senza però pregiudicare la sua poesia. Resta comunque immutato il suo innato talento che, rispetto ad altri artisti degli anni Settanta, riesce ancora ad affascinare e catturare le generazioni giovani. Dal tour immediatamente successivo viene tratto un doppio cd impreziosito dall’inedita “La valigia dell’attore”, scritta per Alessandro Haber.

La raccolta Curve nella memoria (1998), destinata principalmente al mercato francese, raccoglie i maggiori successi pubblicati da De Gregori negli ultimi 15 anni per l’etichetta Cbs-Sony.

Nel 2001 il cantautore romano pubblica Amore nel pomeriggio, prodotto da Guido Guglielminetti, da anni fedele collaboratore di De Gregori. In due brani ci sono collaborazioni eccellenti: in una canzone Franco Battiato, come arrangiatore e produttore, in un’altra Nicola Piovani, premio Oscar per le musiche di “La vita è bella” di Roberto Benigni.

Nel 2002 esce Fuoco amico, nuova antologia dei suoi successi riproposti in versione live. Nello stesso anno il cantautore romano intraprende una tournée insieme a Fiorella Mannoia, Ron e Pino Daniele. Un’esperienza che sarà testimoniata anche dal disco live In Tour.

Francesco De Gregori torna nel 2003 con un nuovo album: una fruttuosa collaborazione con Giovanna Marini, voce storica del folk italiano; quattordici tracce sotto il titolo Il fischio del vapore, che provengono dall’archivio personale del cantautore, ma anche dalla memoria storica della musica folk.