Home E Guida Turistica E ZONE>BARBAGIE>LA STORIA E L’UOMO 

natura  | territorio  | da vedere  | feste tradizionali  | prodotti tipici  | arrivare  

la storia
Furono i Romani  a chiamarla Barbagia perché consideravano barbara la popolazione di quei monti che già i Cartaginesi  non erano riusciti a conquistare. Ma neanche Roma riuscì interamente nell’impresa.

L’uomo abitava queste zone già dal paleolitico superiore  (12000 a C.) come testimoniano i ritrovamenti della Grotta Corbeddu di Oliena.
I sardi del neolitico (6000 a.C-2500 a.C.) abitarono diffusamente questi territori: le domus de janas (grotticelle artificiali) i menhir, i dolmen, i ripari sotto roccia sono le tracce ancora visibili degli uomini della Cultura di Ozieri  (3500-2500 a.C.)
Dalla presenza di nuraghi, tombe di giganti, aree sacre e resti di villaggi, sparsi un po’ dovunque riusciamo, anche in questo territorio, ad apprezzare la grandezza della Civiltà Nuragica  (1500 a.C. fino alla conquista romana), una delle più importanti civiltà del Mediterraneo arcaico (foto: Fonni-tomba di giganti).
Sul finire del VI sec. d C. Gregorio Magno convertì al Cristianesimo quei Barbaricini adoratori di pietre e tronchi d’albero.
In età medioevale  le Barbagie furono in gran parte sotto la giurisdizione del Giudicato d’Arborea mentre i distretti del Nuorese facevano parte del Giudicato del Logudoro e la Barbagia di Seulo del Giudicato di Cagliari: è probabile che ci fosse un giudicato, con capoluogo a Forum Traiani (Fordongianus), esclusivo per le Barbagie.
Con l’arrivo degli Spagnoli  nel XIV secolo la Barbagia fu divisa, come del resto tutta la Sardegna, in diversi feudi.
I governi sabaudi , succeduti a quelli spagnoli, spesero nel 1800 molte energie nel tentativo di debellare, spesso con metodi brutali, il banditismo, sintomo di un malessere ancora oggi non del tutto estinto.
Nuoro fu provincia per la prima volta dal 1848 al 1859 per essere istituita nuovamente come tale nel 1926.

l’uomo e il territorio
Le comunità di Barbagia sono accomunate da tratti culturali omogenei che si manifestano anche nei modi abitativi.
In molti casi, la conformazione del territorio ha costretto le abitazioni ad un’estrema concentrazione, in altri, la più agevole disposizione del sito ha consentito un tipo di insediamento più organico.
Alcuni paesi, quali Fonni e Gavoi, conservano antiche case in pietra molto sviluppate in altezza.
Ad Oliena molte abitazioni imbiancate a calce danno sulle “cortes”, vani all’aperto dove non è raro trovare un vecchio carro carico di strumenti di lavoro agricolo o gli utensili del lavoro domestico delle donne.
I centri storici degli abitati della Barbagia di Belvì e di Seulo mantengono ancora alcuni segni tangibili dell’antico borgo: dimore con più vani sovrapposti, piccole case con balconi in legno che danno sui vicoli selciati.
Per quei vicoli, a Desulo, è ancora possibile incontrare qualche anziana donna che indossa il caratteristico costume d’orbace.
Alcuni paesi sono formati da più borgate, in origine contigue ma distanti: “Asuai”, “Issiria”, “Ovalaccio” a Desulo (foto in alto a destra), “Tonéri”, “Teliseri”, “Arasulé” a Tonara.
Nelle aree semideserte del Gennargentu e del Supramonte, nonostante la scarsa antropizzazione, è facile trovare consistenti tracce della presenza dell’uomo: qualche pastore abita ancora “sos pinnetos”, tipiche dimore a pianta circolare ricoperte da rami di ginepro.