RISPOSTA>
C’è chi sostiene che in Internet, siccome noi abbiamo a che fare con una rete di comunicazione che mette in contatto, molto velocemente e facilmente a basso costo i clienti con i produttori, non si capisce perché, dicono questi signori, ci dobbiamo mettere qualcuno in mezzo. Se io sto in Italia ma posso accedere, nello spazio di un click, e in fondo senza spendere molto al produttore del prodotto che voglio comprare, che sta nel New England, ma perché devo passare da un negozio intermediario che mi fa pagare di più, che magari non mi dice tutto quello che mi serve, e questi sono i teorici della cosiddetta disintermediazione totale, c’è chi dice appunto che la rete porterà sempre di più all’eliminazione delle figure intermedie tra il produttore e il consumatore quindi a tutti quegli intermediari commerciali che nel passato, nella vecchia economia, si preoccupavano si far incontrare la domanda e l’offerta. Dall’altra ci sono però soggetti e devo dire che io sono più da questa parte, se volete sapere la mia opinione sull’argomento, con molti distinguo; c’è chi dice appunto che così come nella vecchia economia gli intermediari avevano il compito di fare incontrare la domanda e l’offerta sul territorio fisico, anche nella nuova economia noi abbiamo bisogno di questo tipo di servizio; che cosa vuol dire? Allora, guai a noi se pensiamo, per un po’ qualcuno lo ha fatto, e devo dire che non ha molto funzionato, guai a noi se pensiamo che in rete noi dobbiamo riproporre gli stessi intermediari che funzionano fuori dalla rete. Faccio un esempio: noi abbiamo fuori dalla rete i centri commerciali che vengono costruiti a partire dalla necessità appunto di mettere nello stesso luogo fisico alcune, diverse merceologie di prodotto in un luogo che dal punto di vista logistico, del raggiungimento del luogo fisico sia comodo per un certo bacino di utenza e una volta capito quali sono le variabili di base si costruisce l’offerta di quel centro commerciale cercando di mettervi una grande varietà di prodotti in modo da soddisfare tutte le esigenze dell’utenza. Se voi applicate questo modello che è stato fatto per un certo periodo, soprattutto tra il ’96 e il ’97, se lo applicate ad Internet e dite benissimo fuori ci sono i centri commerciali, in rete facciamo i electronic mal o Internet mal, prendiamo un po’ di prodotti di diverso tipo, un po’ di tutto, ci facciamo una presenza di negozi abituali e offriamo la nostra merce, i nostri servizi agli utenti della rete. Ecco chi ha pensato agli intermediari in questo modo non ha ragionato su che cosa ha di speciale questa economia della rete e questa tecnologia di relazione perché? Perché se in rete io mi muovo da New England all’Italia e dall’Italia alla Scozia alla Norvegia, con lo spazio di un click, il mio problema non è di organizzare in un territorio virtuale lo stesso tipo di prodotti e servizi che organizzavo nel territorio fisico, io non ho il problema di avvicinare il prodotto come io ce l’ho nello spazio fisico perché devo fare un attraversamento fisico di territorio; quando io vado in un grande centro commerciale, so che devo fare un certo numero di chilometri per arrivare al centro commerciale, calcolo la mia convenienza nell’andare; quando io decido di andare al centro Commerciale o nel negozio, negozietto vicino a casa, naturalmente metto in conto il tempo e la fatica di percorrenza del territorio fisico; quando sono là guardo a questo punto tutto quanto c’è intorno. Ma se io sono in un mondo dove lo spazio di percorrenza non c’è, quando io passo con la velocità di un click da un sito all’altro, in teoria da tutti i siti che sono a disposizione, il problema non diventa più quello ma diventa esattamente il contrario, cioè non la capacità di selezionare pochi siti e metterli vicino ma la capacità di prendere tutti quelli che sono in giro per la rete e che in teoria sono raggiungibili con la velocità e nello spazio di un click ma che io non avrò mai la capacità di capire, di classificare nella mia testa cognitivamente per capire quale di questi, migliaia centinaia di migliaia di siti sono quelli che servono a me. Nell’intermediazione di Internet non vale la regola dell’intermediazione fuori dalla rete che punta alla selezione ma al contrario nell’economia di internet vale la regola del puntare all’estrema amplificazione sia orizzontale di merceologie sia verticale di catalogo; quello che diventa particolarmente importante a questo punto è provare a pensare a dei supporti tecnologici che ci permettano di vedere tutto quello che è in giro e, dimentichiamo del pezzo di ferro o di software che poi fa queste cose, proviamo a immaginare un mondo dove potenzialmente io possa vedere, io come cliente potenziale, io individuo o azienda, io possa vedere tutto quello che c’è in giro per la rete e lo possa vedere con l’aiuto dei cosiddetti agenti intelligenti che mi fanno tutti i confronti di prezzo, di prestazione, mi consigliano, mi dicono quello che va meglio per me, quindi una logica di intermediazione più automatica, in un mondo dove questi servizi non sono a disposizione solo presso i cosiddetti intermediari ma, ecco il trucco che mette insieme gli intermediari e i produttori, ma sono disponibili questi servizi anche nei siti dei produttori. Facciamo l’esempio di una casa editrice, una grande libreria on-line che vi vende libri e vi consiglia su quali libri potete comprare la volta dopo, basandosi su quello che avete comprato la volta prima e che ha il coraggio editoriale di dirvi la volta dopo guarda che il libro che ti serve è questo, io non ce l’ho in stoch, ce l’ha l’altro negozio, certo che è prendere un cliente e darlo ad un potenziale concorrente. Ciò vuol dire che quello che devo fare per il mio cliente oltre che ovviamente dargli i prodotti che a lui serve, che lo soddisfi nel modo migliore è comunque quello di dargli il miglior sevizio rispetto al motivo per cui è venuto da me, se lui è venuto da me per trovare un libro da me non lo trova, sicuramente va via con una idea di me di grande prestazione di servizio, di una idea enormemente più grande della mia marca, se io ho il coraggio di dirgli questo servizio non sono in grado di dartelo in questo momento, ma ti aiuto lo stesso perché per me è importante darti valore se ti mando dal concorrente. Se noi pensiamo alla nuova intermediazione in rete come a qualcosa davvero di molto nuovo rispetto all’intermediazione off line e se la pensiamo addirittura come ad una integrazione sempre più forte tra quelli che sono i servizi resi da chi di mestiere mette a disposizione cataloghi di diversi produttori e quello che può fare il produttore nella sua relazione diretta con il cliente, con una integrazione molto complessa, che fuori dalla rete non si riesce nemmeno ad immaginare, allora mi sento di dire non è vero che noi stiamo andando verso una radicale sostituzione degli intermediari, stiamo andando verso una nuova intermediazione.
- Quanto il successo di un’impresa della New Economy è legato alla capacità di produrre beni o erogare servizi nel presente oppure alla capacità di mutare pelle e creare aspettative per il futuro dell’azienda?
- Piccoli imprenditori: è opinione comune che nel campo della New Economy avere una buona idea pesi, più che in altri settori, per avere successo imprenditoriale. È proprio così? Mi sembra che in realtà ci vogliano risorse umane, strutture e grossi investimenti per avere visibilità e, in definitiva molti soldi. Quale è dunque, al di là dei luogh comuni, lo spazio reale ad esempio per un giovane che mette su un’impresa con risorse finanziarie limitate?
RISPOSTA>
Si è una domanda interessantissima perché guarda a caso è una domanda che tutti ci facciamo importantissima per capire. Da una parte che ruolo possono avere le piccole e medie aziende che sono il tessuto fondamentale della nostra economia e dall’altra anche per capire appunto se è vero che stanno cambiando le regole della competizione, come queste regole della competizione possono avere un impatto sulle diverse categorie delle aziende. Allora io vi dico la mia opinione. C’è un dibattito abbastanza grosso in corso; io penso che la dimensione, l’essere grandi in rete sia importante; cioè una visione romantica della rete, io dico purtroppo tra l’altro, dove tutti hanno la possibilità..dove non ci sono barriere…, dove si parte tutti alla pari, ecco io ripeto è una visione molto bella però molto spesso non è adeguata alla realtà. Io dico molto spesso e dico anche che è importante capire quando questo non è vero e quando invece questo può essere vero, perché anche se non succede spesso, le aree di intervento possibili delle piccole imprese ci sono ed è giusto ed è importantissimo farlo sapere, è importantissimo sfruttarlo. Partiamo da quali sono invece le occasione nelle quali essere grandi è importante. E’ importante essere grandi tutte le volte che noi abbiamo a che fare con un prodotto o un servizio che sviluppi…non necessariamente come servizio finale all’utente ma nei suoi processi…tutte le volte che nei processi si creano condizioni di una produzione standard. Cosa vuol dire? Vuol dire che se io sviluppo un servizio, può essere un servizio finanziario, un servizio di informazione, un servizio in rete, e per produrre questo servizio, per mettermi in grado di costruirlo e renderlo disponibile all’utente, io ho grandi costi fissi, cioè ho grandissimi investimenti e poi ho pochissimi costi variabili di replicazione del servizio per ogni utente che viene ad utilizzarlo, ecco che io mi trovo nelle condizioni, come dicevamo prima, di sviluppo di fortissime economie di scala. Tutte le volte che io sono in condizioni di economie di scala io sono in una condizione nella quale chi è più grande ha un vantaggio maggiore di chi è più piccolo e quando io dico ….questo succede quando io sono in una situazione di produzione di servizi standard. Quindi in una situazione in cui l’utente che viene da me, nel mio sito web, il singolo utente ottiene un servizio altamente personalizzato. L’utente ottiene l’informazione personalizzata, quindi come serve a lui, a partire da chi è lui, a partire da quale informazione ha ricercato fino a quel momento e magari da quali sono le informazioni che altre persone che hanno il suo stesso profilo hanno ricercato. Stiamo allora parlando di un servizio che può anche essere molto personalizzato, ma che a differenza dei servizi tradizionali non viene personalizzato con costi variabili, cioè aggiungendo servizio specialistico per ogni utente che interviene ma è un servizio personalizzato che viene erogato attraverso tecnologia. La tecnologia per definizione è una voce di investimento che genera alti costi fissi. Tanto più io costruisco un servizio che ha alti costi fissi tanto più io creo le condizioni per avere delle economie di scala. Questa è la condizione tipica nella quale essere grandi è importante. Il piccolo non può competere con il grande; è una situazione però con la quale può competere magari non il piccolo solo, ma potrebbe competere il piccolo che entra in rete, in network, costruisce relazioni, costruisce una dimensione dell’intervento in questa nuova economia a partire non solo dalla sua dimensione ma mettendo in rete la sua dimensione e la dimensione di altri soggetti; certo non è facile, perché mettersi in rete come azienda con altre aziende per diventare grandi nel gioco competitivo della nuova economia non è facilissimo, ma si può fare.
Un’altra occasione nella quale è sicuramente importante essere grandi è una situazione di mercato nella quale è fondamentale avere riconoscibilità di marca. “Aver marca” sul mercato vuol dire avere una relazione di riconoscibilità di notorietà di sviluppo di identità tra noi e i consumatori in modo diretto. Il consumatore, il cliente sceglie proprio noi, sceglie noi perché la nostra marca non solo è nota, ma sceglie noi perché a fiducia di noi, perché gli abbiamo fatto un buon servizio nel passato, perché qualcuno gli ha detto che il nostro livello di servizio è più alto di quello di altri. Tutte le situazioni nelle quali avere capacità di rassicurazione di marca nei confronti dei clienti… sono situazioni nelle quali la dimensione è importante; costruire marca costa richiede degli investimenti… servono dei grandi investimenti.
Per fortuna c’è un ma… primo, già detto, si può creare dimensione mettendosi in rete, complesso ma operazione da considerare, con grandi promesse di risultato.
Un’altra speranza per le piccole imprese è la possibilità di intervenire su nicchie, su nicchie che nella vecchia economia potevano o non essere accessibili o non essere economiche. Nella nuova economia le piccole imprese hanno possibilità di successo se trovano la nicchia giusta.
Poi ci sono le piccole, è il caso di Tiscali, che diventano grandi. Sono le piccole che non sono schiacciate dal fatto che funziona la regola della dimensione, la regola delle economia di scala, ma sono anzi portate in rete nella nuova economia da chi crede e finanzia questo sviluppo, da chi crede che quello che conta, quello che differenzia, non sia il partire grande ma la capacità di diventare grande attraverso le idee e le capacità di portarle a compimento.
E’ sicuramente vero, allora, che la dimensione conta, cioè non è vero che su Internet tutti partono alla pari e che non c’è differenza tra piccolo e grande ma è anche vero che ci sono grandissime opportunità di sviluppo per il piccolo che sa confrontarsi con le nuove regole del gioco.
SP