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GASTRONOMIA DORGALESE
Il pane, la carne, e i dolci di Dorgali

Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Una frase fatta, ma che serve ad indicare che le tradizioni culinarie di un popolo, ci raccontano la sua storia, la sua economia, i rapporti tra i vari gruppi sociali presenti all’interno della comunità.

L’abitato di Dorgali sorge e si sviluppa sul versante occidentale del Monte Bardia che lo separa dalla sua frazione marina, Cala Gonne, e che lo proteggeva dalle antiche insidie saracene.
Eppure non fu sempre così se nei pressi dell’abitato di Cala Gonne sono ancora visibili i resti di quello che era il più vasto villaggio nuragico costiero dell’Isola, il villaggio nuragico Arvu.

Solo nei primi decenni del secolo scorso vengono costruite le prime abitazioni a Cala Gonone, ma lo sfruttamento delle risorse ittiche comincia verso gli anni 50 a cura dei ponzesi, i quali troveranno comunque molto difficile per parecchio tempo non solo vendere il pesce pescato ai dorgalesi, ma persino barattarlo con prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento.
La gastronomia tradizionale dorgalese concede poco perciò ai piatti di pesce, fatta eccezione per le anguille e le trote che venivano pescate nelle limpide acque del rio Frummeneddu.

Il pane
L’immancabile Pane Carasau

Oltre all’ormai conosciuto e immancabile Pane Carasau cotto al forno a legna, e che accompagna tutti i piatti portati in tavola, sono da citare su Moddizosu e sa Coccone chin gherda.

Su moddizosu è una focaccia morbida fatta con farina di grano duro, patate, sale e strutto che accompagna i salumi, e le carni alla cacciatora, vista la sua capacità di assorbire gli intingoli.

Sa coccone chin gherda è invece una focaccia costituita da farina di grano duro, sale, e ciccioli di maiale. E’ una focaccia molto calorica che sprigiona il massimo della sua fragranza riscaldata al fuoco.

I primi piatti
Il trionfo della semola di grano duro, del formaggio di pecora fresco e stagionato.

Ormai famoso è il connubio che crea il Pane Frattau, tra le sfoglie di Carasau o carta da musica, bagnate nell’acqua bollente, il pomodoro fresco cosparso sopra le sfoglie inumidite, e il pecorino stagionato, grattugiato sopra ogni strato.
Un piatto ricco di colore, fresco di pomodoro ma dal gusto deciso del pecorino. Può essere arricchito ponendo un uovo in camicia sopra l’ultimo strato.

Eccezionali nella loro semplicità, i Macarrones de Punzu, impasto di semola, sale e acqua che viene poi ridotto in piccoli tocchetti, e fatti strisciare con il pollice su un canestro di fibre vegetali per renderli sottili e ruvidi in modo da accogliere il ricco sugo di carne di maiale, e l’abbondante pecorino grattugiato.

Da non perdere anche i classici ravioli, il cui originale ripieno è costituito esclusivamente da formaggio fresco acido, ingentilito a volte da finocchietti selvatici, bietole o menta. Anche questo piatto richiede un sugo di carne.

Molto delicati poi, i Macarrones chin casu friscu, pasta di semola, di formato corto, scolata al dente e condita semplicemente con dadini di formaggio acido e foglioline di menta fresca, il tutto rimestato fino a far fondere il formaggio.

I secondi piatti
L’apoteosi del maialino, del capretto e dell’agnello.

L’arrosto richiede tempo e dedizione.Vengono preparati con spiedi di legno di corbezzolo o fillirea e posti in verticale rispetto al piano del fuoco in modo da consentire ai grassi in eccesso di cadere a terra e ai fumi di combustione di non investire la carne. La carne viene insaporita esclusivamente dal sale e dalle fragranze che si sprigionano dal legno.

Vi sono poi le interiora degli stessi animali che danno vita a piatti dal gusto deciso e ancestrale. Anzitutto Sa Entredda, lo stomaco della pecora riempito del suo stesso sangue, a cui viene aggiunto del pane carasau grattugiato, del pecorino grattugiato, del grasso animale e una particolare erba aromatica che si trova nelle zone umide, su Puleu.

Lo stomaco viene quindi legato e messo a bollire fino a quando il composto ha raggiunto una certa densità. E’ un’operazione questa che richiede molta esperienza, visto che il contenuto non è visibile all’esterno, e si rischia quindi che sia o troppo liquido o troppo solido. Il contenuto viene poi mangiato con il pane carasau croccante.

Da provare assolutamente inoltre Su Tattaliu. Si prepara con le interiora del capretto o dell’agnello. Su uno spiedo di legno, vengono infilzati pezzetti di fegato, cuore, polmone, e una fettina di lardo di maiale, il tutto ripetuto fino a terminare gli ingredienti.
Su di essi viene poi attorcigliato l’intestino dell’animale, fino a coprire tutto lo spiedo. Per ultimo, il tutto viene avvolto dall’ omento, in sardo Sa Nappa. Si cuoce arrosto fino a quando l’intestino non diventa dorato.

Sfiziosità
Non si può dire di conoscere la cucina barbaricina e dorgalese in particolare se non si è mai assaggiato su Cazzu, su Casu Muchidu e su Sambene.

Il primo, su Cazzu, dal gusto molto forte, è costituito dallo stomaco del capretto che non ha mai mangiato altro che il latte della madre.
Contiene perciò esclusivamente i succhi gastrici e il latte. Viene svuotato, e il contenuto una volta colato per togliere eventuali pietruzze che il capretto potrebbe avere inghiottito, rimesso nel suo involucro. Viene poi lasciato a stagionare in ambiente fresco e asciutto. Dopo qualche mese, si può mangiare spalmato sul pane carasau o come condimento sulla pasta.

Il secondo, Casu Muchidu, non è altro che il formaggio di pecora andato a male, e nel quale si forma una colonia di vermicelli che predigeriscono il formaggio stesso, conferendogli un gusto estremamente piccante.

Inutile dire che entrambi i piatti vanno accompagnati con un robusto Cannonau.

Su sambene è il sangue del maiale a cui si aggiunge uva passa e vin cotto; il tutto versato nell’intestino del maiale stesso e fatto bollire fino a che non diventa solido. Si serve a fette, come dolce.

I dolci
Tra gli innumerevoli dolci, meritano di essere ricordati per la loro originalità, soprattutto s’Aranzada, e sa Seada.

S’Aranzada è un composto di miele, buccia d’arancia grattugiata e mandorle pelate intere. Dopo lunga lavorazione, il tutto viene steso a formare una sfoglia di un centimetro circa di spessore e tagliato a rombi. I pezzi così ottenuti vengono adagiati su foglie fresche d’arancio.

Sa Seada è una specie di grande raviolo circolare, fatto di pasta di semola di grano duro, ripiena di rondelle di formaggio fresco fuso. Viene fritta nell’olio bollente e servita calda al naturale, o cosparsa di miele.

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Sa Entredda
SP