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LA PECORA

Macellata e cotta in particolari occasioni andava consumata in fretta perché non vi erano parti che potevano essere conservate.
L’occasione per eccellenza la offriva su tusorzu (la tosatura), che avveniva, e avviene, prima dell’estate quando le pecore vengono liberate della lana.

Si ottengono sa frente, lo stomaco ripieno di sangue lavorato con sale, menta selvatica, cipolla, grasso di maiale e l’aggiunta di pane e fresa fatto a pezzetti, il tutto viene poi bollito e servito caldo su strati di pane e fresa.

L’intestino legato a treccia costituisce sa horda (corda o treccia), cotta con patate in umido, o preferibilmente arrosto. Il resto dell’animale viene arrostito, oppure, cotto a bollito con patate e cipolle ervehe a buddiu, nel cui brodo si bagna su pane e fresa, ottimo accompagnamento con la carne.

Di maggior pregio l’agnello. Questo o viene cotto arrosto, spesso aromatizzato con gocce di lardo fuso (istiddiau), o servito come spezzatino con patate o carciofi.
Con le frattaglie, tenute compatte dall’intestino, si fa su trattaliu, che viene cotto arrosto.

foto: trattaliu