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ITINERARI: RAID A MONTE ARBU di Vittorio Serra

Dove
in provincia Cagliari, nell’area montuosa dei Sette Fratelli, punta sud-orientale della Sardegna

Scheda
– partenza: Solanas, paese sulla costa
– arrivo: Solanas
– lunghezza: 44 km
– tempo percorrenza: quattro ore
– periodo consigliato: tutto l’anno
– altimetria complessiva:1200 metri

Punto di partenza e arrivo di questo itinerario è Solanas.
Il villaggio dista 10 km da Villasimius e con la sua vallata è lo sbocco naturale verso il mare della zona montana dei Sette Fratelli.

Si parte
Lasciata l’eventuale auto nei pressi di uno dei ristoranti presenti (“Il Veliero” oppure “Da Barbara”, ottima cucina in entrambi), si inizia a pedalare lungo la vallata di “S. Barbara”.
Un lungo rettilineo in asfalto tanto per scaldarsi.
Dopo 7,1 km in località “Su Reu” inizierà una larga sterrata in salita.
Passerete di sotto i faraonici lavori per il completamento della nuova S.S. Orientale Sarda.
4 km di sterrata in salita e si raggiunge “Gutturu Frasca”, un bivio di strade di montagna.
Andando dritti per la strada principale si va in discesa verso le vecchie carceri di Castiadas, prendendo a destra (la strada è chiusa da una sbarra della forestale) si salirà sul monte Minni Minni appartenente a Villasimius.
Noi invece prenderemo a sinistra, verso Monte Pauli.

Verso Monte Pauli
La strada sale a tornanti e via via si incattivisce sia per la pendenza sia per lo stato del fondo decisamente molto rovinato.
Questa è una zona dove piove poco e quando succede la pioggia trasforma le sterrate (create a colpi di ruspa senza badare tanto alle pendenze) in torrenti d’ acqua che tutto spazza e spacca.
La salita dura circa 4 km.
I meno allenati la faranno con il rampichino, ma chi ha il “motore” sano potrà scalare questi tornanti con il rapportone sempre innestato.
Si raggiunge quindi S’Arch’e sa Teula (arco della tegola),
porta d’ingresso dell’altopiano di Monte Pauli, nel punto più alto del quale, al centro, troneggia il nuraghe di Monte Arbu che ci appresteremo a raggiungere.

A Mont’Arbu
Lungo la pista che attraversa l’altopiano di Monte Pauli raggiungiamo la “dispensa Sanguinetti” una costruzione tinteggiata di bianco che si trova lungo la via.
Come per la dispensa vecchia, che si trova però 5 km. più a valle, in località Sa Corti, queste dispense, ora ovviamente in abbandono, sono la testimonianza delle antiche attività della zona.

Duecento metri prima di raggiungere la dispensa Sanguinetti
troviamo una stradina che tira a destra in salita.
3 km abbastanza impegnativi per via del fondo sconnesso e per la pendenza che in alcune rampe è notevole, ed eccoci arrivati in cima a Monte Arbu.
Sul rocciaio è da sempre di sentinella l’omonimo nuraghe.

Ci riposiamo un po’ ai piedi del nuraghe e ci godiamo uno splendido panorama a 360°.

In bocca alla Sfinge
Ripreso fiato ed effettuato il meritato riposo si può quindi continuare lungo la carrareccia, ora in discesa che porta verso s’Arch’e Buddui.
Che però non raggiungeremo.
Non ci infiltreremo, infatti, dentro il ginepraio dove il sentiero è delineato a malapena dai selvatici (e dai bracconieri che li cacciano).
Prenderemo un bivio verso destra.
Il punto è facilmente riconoscibile perché di fronte si para una monumentale roccia: la Sfinge.
Pare un gatto accovacciato al sole, che guarda verso il mare di Castiadas.
Un gatto di granito lungo 50 metri.

In discesa nella vallata di Geremeas
La strada è all’inizio piana, poi và in discesa per innestarsi alla pista già percorsa di Monte Pauli. Continueremo a destra verso la dispensa Sanguinetti.
Superata quest’ultima continueremo nella piacevole strada sempre in falsopiano.
Dopo 2 km si comincerà la discesa verso la vallata di Geremeas.
La strada è in forte pendenza, è molto rovinata con sassi sparsi grossi come noci di cocco, profonde spaccature, traditrici e cespugli che testimoniano la volontà della flora a riprenderne possesso.

La picchiata verso Geremeas dura circa mezzora però consiglio vivamente di procedere con cautela specie se siete soli.
In questa strada non passa nessuno per settimane per cui una brutta caduta potrebbe trasformarvi in cibo per corvi. (crobus).
Finalmente la piana e l’uscita sulla provinciale per Villasimius, all’altezza di Geremeas.

Torniamo a Solanas
Per tornare a Solanas restano solo 7 km di asfalto.
Ci sono da affrontare le quattro sorelle, ovvero 4 strappi in salita della lunghezza ognuna di alcune centinaia di metri. Poca roba quindi.
Al capolinea,  toltovi il casco, niente di meglio che infilarsi in uno dei ristoranti del luogo. Sempre che abbiate appetito.

***

La zona
Il toponimo “Monte Arbu” è molto comune in Sardegna.
In questo caso ci riferiamo alla zona, ridossata al massiccio dei Sette Fratelli, che guarda verso il mare in direzione di Villasimius-Solanas, (provincia di Cagliari).
Monte Arbu è il punto più alto di un vasto territorio di montagna che comprende fra l’altro la piana di Monte Pauli, ricca di vegetazione e popolata da colonie di cervi che vivono quasi in simbiosi con il bestiame, capre soprattutto, tenuto allo stato semibrado.
Non mancano i cinghiali, che anzi sono numerosissimi per la “gioia” dei numerosi bracconieri che frequentano, purtroppo, questo vasto territorio.

È difficile raggiungere la zona in macchina, le strade sono piuttosto dissestate.
Per questo gli incontri sono rari e limitati ai cacciatori, nelle giornate di caccia, o a qualche cercatore di funghi.
Qui si trovano bellissimi massi di granito modellati dal vento e dalla pioggia.
E ogni tanto qualche lestofante decide di portarseli a casa magari per abbellire il giardino della sua villa sulla costa.

La zona è inoltre ricchissima di misconosciuti siti archeologici, quindi ci si può imbattere anche in improbabili Indiana Jones caserecci.

Monte Pauli
Monte Pauli è sempre stata una zona che per la sua ricchezza di selvaggina ha attirato i cacciatori.
Decentrata dalla pista principale, troviamo: sa domu de is cassadoris, (la casa dei cacciatori), rifugio in pietra eretto agli inizi del ‘900 quando chi cacciava i cinghiali non arrivava fin qui, come succede oggi, su comodi fuoristrada con la moquette interna e l’aria condizionata.

A poche centinaia di metri dalle poste trovi le auto parcheggiate in colonna e i proprietari abbigliati e armati che sembrano Tupamaros.
I cacciatori di 100 anni fa erano usi partire almeno dal giorno prima per poter raggiungere con il cavallo la zona di caccia.

Vivande, cartucce e i cani da accudire richiedevano una preparazione che ai nostri eroi moderni è completamente sconosciuta.

Se fosse obbligato raggiungere le zone di caccia a piedi, o comunque non in auto, l’esercizio venatorio si estinguerebbe per mancanza di adepti.

Il nuraghe Mont’Arbu
Stupenda costruzione di possenti macigni che hanno resistito a svariati millenni e anche ma solo in parte all’azione predatoria dei nuovi lanzi locali i quali non sono riusciti a farne completo scempio perché impossibilitati a salire su questo rocciaio con la ruspa, loro cavallo di battaglia preferito.
Ma anche con piccone e vanghe di danni ne hanno comunque fatto.

Da questa roccaforte nuragica si può spaziare a 360 gradi su di un panorama mozzafiato.
A nord la catena montuosa dei Sette Fratelli, quindi le vallate che scendono verso il mare in direzione Geremeas – Solanas.
Quindi il Monte Minni-Minni di Villasimius e ancora il mare su cui si affacciano Castiadas e Costa Rei.

Monte Arbu e il carbone
Monte Arbu, fino ai primi anni del ‘900, era il centro di alcune tipiche attività di montagna.
Era l’epoca dei tagli massicci delle foreste sarde, ad opera dei carbonari provenienti in gran parte dal continente, soprattutto dalla Toscana.
Il carbone prodotto nei boschi veniva trasportato sul mare a Villassimius e a Solanas, dove attraccavano le navi per lo stoccaggio.
Ancora oggi Villassimius è chiamata in Sardo Crabonaxia (Carboniera) e anche a Solanas un’area della spiaggia è chiamata su portu a ricordare il punto dove attraccavano le navi.

Mont’Arbu terra di banditi
Questa è una zona molto affascinante con innumerevoli pareti granitiche le cui forme celano tantissimi anfratti e siti che invogliano l’esplorazione.
La zona ha dato rifugio più o meno occasionale nel secolo scorso a bande di grassatori che imperversavano a spese di viaggiatori, commercianti e imprenditori che all’epoca erano numerosi da queste parti.

Non dobbiamo dimenticarci infatti che l’odierna strada litoranea da Cagliari a Villasimius che tutti conosciamo è stata costruita dai prigionieri austriaci catturati durante la prima guerra mondiale (15-18).

Prima le uniche vie di comunicazione oltre che quelle del mare in barca, erano queste strade di montagna, l’ideale per tendere imboscate e rapine.
Qui si viveva pericolosamente.

Una storia avventurosa di tesori nascosti e banditi
Diversi anni fa un conoscente del mio paese mi raccontò di una storia confidatagli dal padre, all’epoca ormai vecchio e invalido.
Questi negli anni trenta era andato con un suo amico a cercare fra queste montagne un rifugio segreto, covo di una banda di briganti il cui unico superstite di uno scontro con i militari era finito in galera a vita.
Qui era avvenuta la confidenza fra i rei.
Il superstite ormai invecchiato in carcere diede anche i riferimenti particolareggiati per trovare l’entrata della grotta che iniziava con un cunicolo e che poi si apriva in una vera e propria camera dove, continuava il racconto, oltre a materiali di sussistenza e parecchie armi, era custodito, indiviso bottino, parecchia oreficeria, denari e altre cose preziose, frutto di bardane e grassazioni.

Particolare curioso: il bottino era avvolto in paramenti sacri trafugati chissà dove.
I due compari trovarono i riferimenti ma non riuscirono a localizzare l’entrata.
Il luogo, riferiva il padre, era molto impervio e avvolto da una vegetazione difficilmente penetrabile.
Passarono gli anni, uno dei due morì in guerra.
L’altro, per problemi di salute sempre più seri, si trovò di fatto impossibilitato a intraprendere nuove ricerche.
A metà degli anni settanta ci ritroviamo quindi con suo figlio che possiede “la mappa” e il sottoscritto, conoscitore della zona, entrambi ventenni pieni di entusiasmo e di buona volontà.

Era maggio e arrivati nel punto di ricerca facemmo un campo e rimanemmo li per alcuni giorni.
Collimammo le punte delle rocce descritteci ma anche cosi risultava un’area abbastanza vasta su cui cercare.
E non vi dico le difficoltà.
In cento metri quadri potevano benissimo coesistere anche due possibili anfratti.
Trovammo diversi cunicoli e grotte semi nascoste e chissà quant’altre ci sfuggirono.
Dopo alcuni giorni di infruttuose ricerche, mezzo scorticati dai rovi e affamati, desistemmo.
Passò un po’ di tempo e non ci pensammo più.
Mi rimase il dubbio che potesse trattarsi di una storia fantasiosa.
Comunque un giorno, discorrendo con una persona – profonda conoscitrice di archivi e fatti storici locali – chiesi se risultava essere accaduto, in un periodo a cavallo del secolo passato, uno scontro a fuoco fra banditi e carabinieri nella località in questione.
Questi prese il suo tempo per documentarsi e, sorpresa, di fatti del genere ne accaddero diversi, ma uno in particolare rispondeva ai requisiti descritti nel racconto: sparatoria con morti ammazzati meno uno finito in galera.
Mi bastava.
Tornai per conto mio a fare ricerche con più metodo e calma, conscio che in quasi cento anni molte cose potevano essere cambiate.
Soprattutto la macchia mediterranea è incredibile nel celare l’entrata di un pertugio magari mezzo franato e praticamente non identificabile.

Per farla breve concluderò che non ho trovato la grotta della banda in questione, o almeno quella descritta con dentro “su Scosciosciu” (il tesoro).
Fra le diverse scovate una comunque è senz’altro servita come rifugium peccatori in quell’epoca.
Almeno osservando cose e oggetti lasciati di cui non importa parlarne.

Le carrarecce
Nei boschi di Mont’Arbu veniva prodotto il carbone che poi veniva trasportato fino a Villassimius e Solanas, sul mare, e imbarcato sulle navi per la Penisola.
Dalle zone dei tagli e dove veniva prodotto il carbone (Monte Arbu, Buddui, Sa Corti) si diramavano quindi diverse carrarecce, che, seguendo i crinali delle montagne, dai circa 1000 metri dei monti Sette Fratelli – il massiccio montano più importante – portavano a valle, verso il mare.
Queste vecchie strade sono per lo più ormai in disuso, mezzo inghiottite dalla vegetazione che in questo ultimo secolo è ricresciuta, però alcune storiche mulattiere sono se non segnate, quantomeno percorribili a piedi o con una buona mountain bike.

A patto di sapere dove si sta andando.
Infatti la zona è molto impervia e non sono molti i riferimenti su cui contare.
La vegetazione, anche grazie a un clima che almeno nel periodo invernale, tende a essere fresco, presenta tutte le specie dell’isola.
Le piante di Ilixi (leccio), moddizzi (lentischio), murdegu (cisto), ollioni (corbezzolo), lau (alloro), zinnibiri (ginepro) e numerosissime altre essenze crescono l’una a fianco all’altra dipingendo i caratteristici colori della macchia mediterranea.

Piccolo glossario sardo-italiano
Albero: matta
Cisto: murdegu
Lentischio: modditzi
Leccio: ilixi
Ginepro: zinnibiri
Alloro: lau
Corbezzolo: ollioni
Capra: craba
Pecora: brebei
Cinghiale: sirboni
Cervo: cerbu
Volpe: mergiani
Asino: burricu
Cavallo: cuaddu
Domestico: maseru
Selvatico: aresti
Sentiero: mori
Strada: ia