IRON BIKE 2000
Il racconto di Vittorio Serra del team Monolite
La settima edizione dell’ Iron Bike svoltasi – con partenza e arrivo
a Saluzzo –
dal 30 luglio al 5 agosto, ha visto vincitore Vittorio Serra, portacolori della Monolite, bici in fibra di carbonio appositamente preparata per affrontare questo difficile test. Un connubio tutto made in Sardinia, rivelatosi vincente nella dura competizione nelle alpi italo-francesi. La gara, unica in Europa per il taglio “estremo ” in cui é formulata, si è svolta su sette tappe di montagna della lunghezza variabile da 80 a 100 km. con altitudini variabili dai 2000 ai 3000 metri. Spartana la sistemazione logistica prevista in bivacchi serali da prepararsi a cura dei concorrenti stessi. Finita la gara quindi di routine montare tenda e sistemare i bagagli, prima ancora di mangiare, ripulirsi e riassettare la bici.
L’organizzazione per quest’anno ha elaborato un percorso rivelatosi micidiale. Vecchie strade alpine mai attraversate da mezzi che non fossero i buoni muli di un tempo, e specie nel versante francese tutto un susseguirsi di percorsi legati alle fortificazioni d’alta quota risalenti all’ultima guerra. Il tempo ha ulteriormente amplificato le difficoltà. Pioggia vento e anche neve
sono stati presenti soprattutto nelle tappe più dure, la terza e la
quarta. Alla fine, degli 80 partenti di Saluzzo, ne verranno classificati soltanto 28.
*****
La mia Iron Bike è iniziata il giorno prima della data ufficiale. Imbarcarsi dalla Sardegna il 29 di luglio è stata infatti un impresa non da poco , con attese in banchina a Portotorres, navi “veloci “che non si sa quando arrivino in porto e quindi quando ripartano. Nottata in sacco a pelo in parte in banchina e in parte in ponte. A Saluzzo la sera del 30 luglio, arrivo che mi sembra d’aver concluso una difficile tappa. Punto di riunione e allestimento del primo campo è una struttura sportiva polivalente con al centro un bel prato. L’ideale per montare le tende. Operazione già in corso da parte di molti partecipanti. Precisi e metodici, si vede che sono qui tutti ben preparati e motivati.
Francia, Spagna, Germania, Olanda e Brasile, oltre che gli italiani, sono le nazioni con più iscritti. Scarico dalla macchina la bici e le mie cose , un ultima cernita dei materiali da portarsi dietro, più di uno zaino 1′ organizzazione non ti accetta, il resto dentro in macchina che rimarrà a Saluzzo e che rivedrai a fine rally. Speriamo di non aver lasciato qualcosa che poi si rivelerà importante. La luna compare pigramente a Sales quando alle 10 di sera partiamo per il prologo notturno. Una gara di cross country dentro il centro storico. Oltre mezzora ” a tutta” in mezzo a un gran pubblico di cittadini entusiasti per 1′ avvenimento che ormai è diventato un classico della loro estate. Si cerca di dare il massimo non tanto per lo spettacolo ma perché gli organizzatori danno alla prova il coefficiente 5. Cioè ogni secondo che rifili agli avversari vale come per 5 dati in monte. Per cui tutti a tirare. Vincerò e indosserò la maglia di leader. L’indomani prima tappa di 90 km. partirò per ultimo, a un minuto da Martini, secondo nell’assoluta. Le sette tappe di montagna . Per una settimana tutti i giorni sveglia all’alba. Alle 8 del mattino devi già aver smontato e caricato tenda e bagagli su di uno dei grossi camion IVECO, quelli arancione che hanno fatto il giro del mondo nella spedizione OVERLAND ,e che fanno parte della struttura al seguito
della gara, con altri 10 mezzi fuoristrada, altrettanto moto, un elicottero etc. il tutto con un impegno logistico di oltre 60 persone. Subito poi a fare colazione il più abbondantemente possibile sotto le tende allestite appositamente. Latte , caffè, tanto pane con marmellata, miele etc. poi frutta secca e dolci. Finché non parti, cerchi sempre di mangiare qualcosa. Lo sforzo che ti aspettae è di quelli che se trascuri il fondamentale apporto energetico ti ritrovi all’improvviso vuoto di forze prima della conclusione della tappa, incapace di proseguire. Vuoi perdere peso? Chiedimi come! Con una modica cifra ti iscrivi all’IRON BIKE e sta sicuro che se finisci in una settimana il cospicuo calo di peso è assicurato. Senza rinunce di cibo, anzi abusandone. Mentre quindi aspetti il tuo momento di partire che è inverso all’ordine di classifica (perciò partirò sempre ultimo) ricontrolli bici e cose al seguito. Per regolamento è obbligatorio usare il Camelbak, uno speciale zainetto che contiene una riserva idrica che può raggiungere anche i 2 litri utilizzabili con un pratico tubicino da cui si aspira in corsa senza bisogno di staccare le mani dal manubrio. Cosa fondamentale nel fuoristrada. Nel camelbak ci metto anche le chiavi per la manutenzione della bici, alcune camere d’ aria di scorta e relativa pompa di gonfiaggio,4 barrette energetiche, un po’ di filo di ferro e del nastro adesivo mentre arrotolato alla vita tengo una leggera giacca impermeabile. Quindi alla fine parti. I percorsi sono stati dei più vari. Si passa da trasferimenti in asfalto a lunghe sterrate in salita per finire quindi in terribili tratti interminabili di mulattiere che fossero in salita o discesa non faceva molta differenza. Ti spaccavano gambe e braccia comunque. I primi due giorni per la verità non sono stati poi tanto ostici. Sempre bel tempo, strade in mezzo ai boschi certamente impegnative e per la pendenza e per i km ma comunque pedalabili, l’ ideale per chi ha una buone gambe, bici leggera e spirito combattivo. Poi però ci vorrà anche forza e coraggio. Le prime avvisaglie il terzo giorno, a scavalcare il colle del Maurin. Prima sterrata in salita, poi infida mulattiera e poi decisamente a piedi, bici in spalla, lungo un interminabile sentiero che punta dritto alla cresta alpina che divide l’Italia dalla Francia. In religioso silenzio cercando di far prima possibile ma dosando le forze, perché siamo quasi a 3000 metri di altezza e affaticarsi è facile. Quindi una interminabile picchiata in terra di Francia, passando per sentieri che discendono a capofitto, infarciti di rocce e radici viscidi per la pioggia che comincia ad accompagnarci. Si cerca di cadere il meno possibile,o almeno limitando i danni. Finalmente a Vars, centro sciistico di grido. In Francia faremo due tappe che si riveleranno micidiali. Il tempo si è decisamente messo sul brutto. Vento, pioggia e neve : così titolerà un giornale del luogo per commentare gli avvenimenti . Di fatto molti non ce la faranno. Commovente il ritiro di un concorrente a un solo km. dal dopo 100 percorsi. Ma quello era l’ultimo km. che portava a Fort. Vyresse.
Vyresse, una roccaforte aggrappata sui rocciai a 3000 metri. Giudici e viveri portati lì con l’elicottero. Mentre faticosamente arrancavi nel sentiero stagliato nella roccia, con ingranato il rapporto più corto a disposizione, non avevi il coraggio di alzare gli occhi e guardare il forte. Ti pareva impossibile fossero riusciti a metterlo 11, così in alto. Il giorno dopo tira vento e c’è nebbia. Partiamo che piove, poi nevica. L’abbigliamento che abbiamo é leggero, ci si abitua al freddo. È che vai più piano e fai molta più fatica. Scendendo a valle, rientrando nel versante italiano cadrò in una pietraia segnalata come pista. 10 km. in discesa saltando di roccia in roccia. Diventa importante saper improvvisare le traiettorie migliori, ovviamente quasi mai la via più breve è anche quella consigliabile. Le ultime tappe in terra italiana saranno decisive. Soprattutto il venerdì, penultima giornata. Il tempo è sempre molto incerto . A tratti piove. Attaccherà con decisione perché i tratti in salita sono lunghi e selettivi. L’ultimo giorno mi basterà controllare. Vincerò la prima speciale e poi penserò solo a portare la bici al traguardo, a Saluzzo. Cosa che farò senza problemi.
…avevo vinto l’Iron Bike !
Vittorio Serra