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PLANET FUNK
Cagliari, Arena Ichnusa 9 luglio 2003.

Un concerto che ha fatto rivivere i tempi mitici del Jazzino, quando nell’allora arena ricavata dentro lo spazio aperto della Fiera artisti del calibro di Jamiroquai, Galliano e Incognito avevano fatto ballare (e sognare) migliaia di cagliaritani entusiasti.

Questa volta, a distanza ormai di dieci anni, è toccato ai Planet Funk rendere la tensostruttura del Molo Ichnusa una enorme pista da ballo.

Più di 1.500 giovani hanno ballato per quasi un’ora e mezzo sui ritmi indiavolati proposti dal collettivo italo-inglese, che ha presentato il suo primo, e finora unico, album: “Non Zero Sumness”.

Una performance applauditissima, frutto di grandi groove sintetici ma anche di una musica che, udite udite, è anche suonata. Perché sul palco tre chitarristi, un bassista, un drummer e un dj si sono sentiti eccome.

Musica da ballare sì, ma condita con una bella spruzzata di rock che rende il tutto decisamente più affascinante. 

Si diceva dell’album. In Italia ha ottenuto il disco d’oro, ed è stato in vetta alle classifiche di vendita di mezza Europa. Non male per dei musicisti che per la prima volta si affacciavano alla ribalta del grande pubblico.

A Cagliari si sono presentati con la formazione tipo, e cioè Sergio Della Monica alle chitarre, Gigi Canu (di origini sarde) alle chitarre, Alex Neri dj ai piatti, Marco Baroni alle tastiere e programming, John Miller alla batteria, Andrea Cozzani al basso e Sandro Sommella al basso e chitarre.

Il tutto condito dalla presenza di vocalist d’eccezione, ospiti anche nel disco: l’inglese Dan Black e l’irlandese Sally Doherty. Due presenze assai diverse tra loro, e perciò complementari: idolatrato come un sex symbol Black, dotato peraltro di una gran bella voce e di una presenza scenica on stage veramente notevole.
Più intimista, quasi sussurrata, l’esibizione della cantante irlandese, che forse si adatta meno alle atmosfere danzanti che contraddistinguono i live della band.

Si comincia con uno strumentale, “Where is the max”, che mette subito in chiaro come i sei sul palco abbiano intenzione di suonare. Prime fasi di studio, quand’ecco che la Doherty fa capolino dal backstage per intonare il tormentone estivo dell’estate 2000 “Chase the sun”.

Il pubblico comincia a scaldarsi, ma è solo con l’ingresso in scena di Dan Black, accolto da un’autentica ovazione, che la platea si scatena.
Via, quindi, a una serie tiratissima di successi da classifica: da “Paraffin” (molto raffinata, quasi in stile new wave) a “Inside all the people”, passando per “Who said” e “The switch”. Ritmi incandescenti spezzati di tanto in tanto dai vocalizzi più down-tempo di Sally, tra le quali spicca “The Waltz” e una personalissima interpretazione dello strumentale Piano Piano, in cui recita sotto la base una poesia dedicata a  Rachel Corrie, attivista americana morta tragicamente in Medioriente lo scorso marzo.

Ma è solo un attimo, lo show riprende più movimentato che mai con una splendida cover di “Time”, che Prince portò al successo nel lontano 1987. Superba performance vocale di Dan Black, e un groove di basso e ritmica eccezionale.

Nei bis (con un solo disco all’attivo non si poteva pretendere di più) vengono riproposte “Inside all the people” e “The Switch”, con cui si chiude il concerto.

 Adesso, dopo aver superato brillantemente la prova del nove dei concerti, per i Planet Funk inizia il difficile. E cioè dar seguito a quel grande disco che è stato “Non Zero Sumness”. La band ha già cominciato le registrazioni del nuovo album, e sarà interessante vedere come riuscirà a legare con un unico filo conduttore le nuove canzoni a quanto fatto finora. La stoffa c’è, e se riescono a osare qualcosa in più, nel rispetto dei canoni dell’house intelligente, non li ferma più nessuno.

Mauro Caproni