SARDINIA INTERFESTIVAL
Cagliari, Arena Ichnusa
Manu Chao
Manu Chao, il ragazzo nomade che viaggia clandestino cercando libertà.
Per il concerto più sorprendente ed atteso della rassegna firmata Sardinia Interfestival l’appuntamento è alle ore 21,30, ora d’inizio della festa, la patchanka di Manu Chao, ardimentoso mélange di suoni da ogni parte del mondo.
Nato a Parigi il 21 giugno del 1961, da un padre originario della Galizia e da una madre di Bilbao, l’incontenibile Oscar Tramor (questo il suo vero nome) è proprio uno che non le manda a dire. Tant’è vero che il gruppo che ha guidato con enorme successo fra il 1987 e il 1994, in meravigliosa simmetria d’azione (e di intenti) con i rivali Negresses Vertes, si chiamava Mano Negra.
E ora che ha sciolto quella formazione “per esaurimento delle motivazioni originarie”, ha fondato una band nuova di zecca, Radio Bemba, della quale dice testualmente: “è un collettivo a geometria assolutamente variabile, visto che spazia da una persona sola – il sottoscritto – a trenta o quaranta musicisti di ogni genere e tipo, a seconda delle esigenze e delle ispirazioni del momento”.
Clandestino, il primo album di Manu Chao in solo, pubblicato nella primavera del 1998, è stato una vera sorpresa. Partito quasi in sordina, si è poi s’è gradualmente imposto superando i due milioni di copie vendute nel mondo, di cui oltre trecentomila in Italia.
Il nuovo discoProxima estaciòn: Esperanza, giunto nei negozi il 1° giugno 2001, si dimostra fedele allo stesso spirito nomade e alla varietà di ambientazioni musicali che avevano contraddistinto Clandestino.
Il nuovo album giunge al termine di un periodo in cui Manu Chao si è potuto dedicare a molti dei progetti che da tempo lo vedono attivo su vari fronti, tra cui l’allestimento di un proprio studio di registrazione a Barcellona e un’estesa tournée in vari stati del Centro e Sud America.
La speranza come necessità, motore del mondo insieme al sogno: ” Perché per quanto facciamo, nonostante tutto, non abbiamo speranza. Finiamo sempre per sbattere contro il muro. Per quanto mi riguarda io scuoto i muri, li guardo vacillare, crollare.
Le mie canzoni camminano tra le macerie senza essere tristi o felici, ma contemporaneamente tristi e felici, e aperte come treni in marcia nel nulla.
C’è sempre una “prossima stazione”. E ognuno può decidere, e sperare, di scendere dove preferisce. Anche se il treno è in movimento…”.