Ambienti Naturali
IL SUPRAMONTE
il cuore selvaggio della Sardegna
Il Supramonte è tra le zone più conosciute della Sardegna; gli aggettivi che lo hanno definito appartengono alla cronaca, alle guide turistiche, al quotidiano dell’Isola.
Impervio, selvaggio, contraddittorio, suggestivo, ma anche prigione, nascondiglio, palcoscenico di lotte e di rapimenti.
Il Supramonte però è lì, inattaccabile, immutato.
I racconti, gli articoli di giornale, le tante guide turistiche, hanno contribuito a creare un’immagine del Supramonte per certi aspetti mitica, sotto altri schematica e semplicistica, che spesso è un ostacolo alla comprensione della sua vera natura.
Allora è meglio andare e camminare sopra le antiche
pietre calcaree, in mezzo agli odori ai colori e, tra gli alberi e le rocce, cercare di sentire i suoi silenzi.
Alcuni numeri…
- Il Supramonte è un altopiano esteso circa 28.000 ha, se si considera il solo entroterra; se invece consideriamo anche il territorio costiero allora l’area raggiunge i 35.000 ha
- Appartiene a cinque comuni, tutti nella provincia di Nuoro:
Baunei (14800 ha); Dorgali (6910 ha), più i 4400 ha costieri; Urzulei (4830 ha), più i 1180 ha costieri; Oliena (3620 ha); Orgosolo (3360 ha) - L’altezza media dei suoi rilievi è di circa m. 900.
La vetta più alta è nel territorio di Oliena: monte Corrasi m.1463.
Seguono: Punta sa Pruna m.1391; Punta su Nercone di m.1263, Monte Oddeu di m.1063, Punta Turusele di m.1024 - cavità naturali:
Grotta Sa Oche Su Bentu: finora ne sono stati esplorati circa km.20.
Voragine Su Diserru: profonda m.110 - boschi:
I lecci più antichi d’Europa: il bosco si estende per più di 25 kmq. È possibile osservare esemplari della circonferenza di m.15, con un’altezza che può superare i 30 metri. I tassi del Supramonte sono presenti nell’isola dal periodo Cretaceo (70 milioni di anni fa).
Origine
300 milioni di anni fa il Supramonte prendeva forma.
Nel periodo Carbonifero, un’ enorme lingua di granito fu eruttata dalla terra; oggi in Sardegna questa roccia regna sovrana; altre zone, come il Supramonte, furono, invece, sommerse dall’acqua.
Nel corso di milioni di anni, nelle profondità marine, il basamento di roccia granitica fu ricoperto da scisti e da bianchi calcari e, circa 136-165 milioni di anni or sono, emerse dal mare: allora nacque il Supramonte.
Paesaggio
Dolomie e calcari (due tipi di roccia), insieme all’azione dell’uomo, sono i grandi demiurghi di questo vasto altopiano.
Con la complicità del vento e dell’acqua, hanno creato, in vaste aree, un’ambiente lunare, aspro, bianco e pietroso.
Catturano l’attenzione i vasti paesaggi brulli, i canyon, i corsi d’acqua che esplodono dalla terra, le voragini, il rosso delle peonie e l’ombra dei pastori che abitano, non stabilmente, l’altopiano.
Solo la pazienza del camminatore conduce alle scoperte più segrete ed emozionanti.
Fauna
- mammiferi
In mezzo alle boscaglie di lecci è raro ma non impossibile vedere il muflone, che in questi ultimi anni è in aumento, mentre sono ormai estinti il cervo sardo e il daino.
Il cinghiale ama la vita notturna, è frequentatore assiduo della fitta boscaglia e della macchia; l’accoppiamento avviene in inverno e la femmina partorisce dopo 16 o 20 settimane. Se doveste incontrarla insieme ai suoi piccoli, sappiate che è particolarmente aggressiva.
Ben più rari sono gli incontri con gli animali di taglia più piccola; parliamo del ghiro, della martora, della lepre sarda e del gatto selvatico. Quest’ultimo è in costante diminuzione anche se è specie particolarmente protetta. Sceglie la sua tana in piccoli pertugi della roccia o nella cavità degli alberi; come i colleghi domestici, preferisce le ore notturne.
- uccelli
Discorso a parte merita l’avifauna, che fino a qualche anno fa contava la presenza dei tre avvoltoi europei che oggi invece sono estinti: l’avvoltoio grifone , il monaco e il gipeto. Anche la bellissima aquila di Bonelli trovava in quest’altopiano un habitat perfetto, ma oggi è scomparsa e vive solo nei racconti e in dubbi avvistamenti.
A proposito del grifone, che alcuni sostengono avere visto recentemente in questa zona, c’è da segnalare che in altre aree dell’isola vive, nidifica e si riproduce.
Hanno però caparbiamente scelto i cieli del Supramonte altri magnifici uccelli: l’aquila reale, l’astore, il falco pellegrino , il gheppio, lo sparviero e la poiana.
Ben rappresentati, alcuni dei quali nidificanti, sono i rumorosi corvi imperiali e il gracchio corallino, il multicolore picchio muraiolo, il sordone, il famoso passero solitario e il culbianco che a primavera vivacizzano il cielo cristallino del Supramonte.
- rettili e anfibi
In un territorio come questo non potevano mancare rettili e anfibi. Il comunissimo e innocuo biacco; una simpatica biscia dal colore verdastro che generosamente spartisce la calura del sole con colleghi più rari, come l’algiroide e la lucertola del Bedriaga.
Presente e ben adattata a quest’ambiente, anche se rarissima, la natrice del Cetti. La femmina può arrivare ai 2 metri di lunghezza, mentre il maschio difficilmente supera il metro e venti. Il suo aspetto non deve ingannare, è assolutamente innocua.
Interessantissimo è l’abitante per eccellenza delle numerose grotte del Supramonte: il geotritone sardo. È una specie endemica che adora l’umidità delle grotte. Ha una testa piuttosto grande rispetto al corpo con occhi grandi e prominenti, è lungo circa 15 centimetri, di colore grigiastro. Per la perfetta conformazione delle dita riesce ad arrampicarsi su pareti molto lisce. Non è specie protetta, ma a causa dei cacciatori tra breve dovrà esserlo.
Flora
- alberi
Nel Supramonte di Orgosolo, nella zona di Rio Flumineddu si trova una grandissima foresta di lecci secolari: in alcune aree gli alberi non hanno mai subito il taglio, caso unico in tutta Italia e realtà rara in Europa. I grandi alberi riescono a raggiungere circonferenze di 15 e altezze di 30 metri.
Nelle altre zone del Supramonte il leccio è presente con boschi gestiti a ceduo (sottoposti, periodicamente, a taglio) utilizzati per il legname.
Dopo il taglio, infatti, il leccio produce nuovi rami dalla ceppaia, favorendo il continuo ricambio di piante giovani.Ad accompagnare il leccio, troviamo ginepri fenici, agrifogli e tassi.
I primi, presenti anche in altre zone, amano i terreni aridi con substrato calcareo, fioriscono in febbraio-aprile con bacche rossastre, utilizzate in alcune ricette locali.
Nelle zone con terreno ricco e profondo vegeta l’agrifoglio; in mezzo alle sue caratteristiche foglie, tra maggio e giugno, sbocciano delicatissimi fiorellini, bianchi i femminili, rossastri i maschili, che si trasformano in frutti vermigli tra agosto e settembre.Segue il tasso, o albero della morte, così chiamato per l’alta tossicità delle foglie e dei semi; i frutti arilli sono invece commestibili.
- piante, fiori, endemismi
Rimanendo nella zona di Orgosolo è interessante la visita a Monte Novo San Giovanni. Quest’area, infatti, consente di osservare numerose varietà botaniche, tra cui alcuni endemismi.
Si trova il ribes multiflorum che fiorisce ad aprile-maggio, con grappoli pendenti di minuscoli fiori verdastri e che ha un parente stretto nel Monte Corrasi, il ribes sardoum Martelli, varietà ancora più rara.Il galium schmidii (caglio ellittico) che con i suoi fiori bianchi a stellina, nell’arido periodo estivo, riesce a vivacizzare gli ambienti di roccia; è presente in altre zone dell’isola con altre specie: g. scabrum, g. corsicum e il g. glaucophillum.
L’elicriso, pianta capace di sopportare diversi substrati, fiorisce a marzo-maggio con fitti fiori gialli tubulosi che si affacciano su un lungo peduncolo. È conosciuto in tutta l’isola con svariati nomi, tra cui su frore de Santu Juanne (fiore di San Giovanni) o erba de Santa Maria (erba di Santa Maria).
Ad allietare gli ambienti rocciosi e sopportare le zone più degradate c’è il bianco del candido giglio (pancraticum illyricum); si concede generosamente alla vista tra maggio e giugno.
In primavera non è difficile vedere il rosso della peonia, non solo quando è generosamente schiusa ma anche quando i petali timidamente sono raccolti in bocciolo. I sardi la chiamano rosa dei monti, un’investitura ufficiale di regina della montagna.Sempre in questo periodo, preferendo boschi e zone ombreggiate, spunta il ciclamino. La fortuna di vederne tanti, raggruppati come un’oasi rosa, ripaga la rarità di questo spettacolo.
Il narciso invece convive con il rigido inverno e sfiorisce all’inizio della primavera; tra febbraio e marzo, infatti, tra le semplici foglie fanno capolino i suoi fiori ad ombrella, bianchi e gialli. In Sardegna vive un’altra specie di narciso, il narciso tazetta di un giallo intenso.
L’uomo e il Supramonte
L’asprezza dell’ambiente del Supramonte non ha mai favorito la presenza dell’uomo; proprio questa però è stata la sua fortuna e per questo gran parte del territorio è praticamente incontaminata.
Gli incendi sono riusciti a distruggere molti ettari di bosco e hanno trasformato la foresta in una landa sassosa, ma il patrimonio naturalistico del Supramonte rimane, per estensione e per varietà, fra i più cospicui dell’intera Sardegna.
- un po’ di storia
Gli scavi archeologici nella Grotta di Corbeddu, ai piedi del Supramonte di Oliena, hanno messo in luce resti di un cervo (Megaceros cazioti) vissuto circa 18500 mila anni fa. Alcuni segni sulle ossa dell’animale indicano con certezza l’intervento dell’uomo.
Tiscali è un vero e proprio villaggio nel cuore del Supramonte, risale all’ultima fase dell’età nuragica. Lo spettacolo che si presenta al visitatore è di estrema bellezza: i resti dell’insediamento sono sistemati, infatti, all’interno di una gigantesca cavità calcarea, generata da uno sprofondamento tettonico.
Prima che l’inciviltà dei visitatori lo distruggesse il villaggio era in condizioni di conservazione ottimali. Adesso sono visibili solamente le strutture di alcune capanne, ma la visita ripaga della fatica necessaria per raggiungerlo.
Risalgono sempre al periodo nuragico i resti del Nuraghe Mereu costruito, sopra una collina, con grossi blocchi di bianco calcare, e di quello di Gorroppu. - pastori e pinnettos
Oggi gli unici veri abitanti del Supramonte sono i pastori che vivono ancora in sos pinnettos; ne conoscono le strade e i sentieri, le difficoltà e i compromessi.
Dobbiamo chiedere loro di tracciare la cronaca, di aiutarci a capire le orme che sul terreno hanno lasciato secoli di storia, nel bene e nel male.
Conoscere significa anche saper ascoltare le loro testimonianze.
Sono gli unici che nel corso dei secoli, hanno saputo conservare l’unica costruzione possibile del Supramonte: supinnettu.
Descritta benissimo da Angelino Congiu, quest’opera architettonica, con pochissime varianti, risponde alla necessità di sopravvivere ad un clima a volte imprevedibile e di avere comunque un rifugio fabbricato con materiali ricavati dall’ambiente. I resti delle antiche capanne nuragiche ( 3500 anni fa) ci dicono che le case degli antichi sardi non dovevano essere molto diverse da su pinnettu.
Su pinnettu è una capanna molto particolare: la base, che richiama quella di un nuraghe, è costituita da pietre di grandezza simile, disposte come in un muretto a secco. Gli spazi che si vengono a formare tra un masso e un altro sono poi colmati da pietruzze, argilla o terra, in modo che non si abbiano spifferi. Dalla base, alta circa un metro, parte una copertura, di forma conica, realizzata con tronchi di ginepro che poggiano su tre o quattro tronchi più robusti. Questa struttura è ricoperta con frasche di ginepro, mentre una pietra è posta all’apice per fermare l’originale copertura.
Ormai anche i pastori non sono più disposti a vivere nella terra del Supramonte; la vita, spesso dura, del pastore, fa desistere i più giovani dall’ avventurarsi in un’attività che ormai scompare.