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GAVINO LEDDA (1938)
Dietro il gregge sotto l’ombrellone verde, con il metodo dello zio, nascosto sotto il cappotto per non farlo notare da mio padre, mi avviavo per il pascolo. E sotto le querce, quando la natura si scatenava e il gregge si metteva al riparo, ora non ascoltavo più il suo linguaggio che un tempo mi aveva parlato a lungo. Ora, la natura, la lasciavo parlare per conto suo. Non rispondevo più ai suoi dialetti. E tutto preso da quella dolce ansia che la musica aveva acceso dentro di me, mi mettevo a solfeggiare. Il gelo non lo sentivo più preso dalla mia passione, ceppo acceso che scoppiettava e scintillava sotto l’acqua.
(da Padre padrone. L’educazione di un pastore)
Nel 1975 vince il premio Viareggio il libro Padre padrone. L’educazione di un pastore. L’autore è un giovane scrittore sardo, Gavino Ledda.
Il romanzo ha un enorme successo, viene tradotto in tantissime lingue e i fratelli Taviani ne fanno un film. Gavino Ledda continuerà a scrivere pubblicando due anni dopo Lingua di falce (1977), seguiranno Aurum tellus (1992) e l’opera I cimenti dell’agnello (1995). La sua fama di scrittore comunque rimane ancora oggi legata al suo primo romanzo e al dibattito, talvolta dai toni piuttosto accesi, che ne scaturì.
Nei romanzi degli anni ’70 è già possibile evidenziare i primi elementi di quella ricerca linguistica che diverrà poi, con le opere successive, marca stilistica dello scrittore. Il “gioco” con la parola, l’organizzazione della pagina scritta che si può trasformare in immagine, insieme al bilinguismo (sardo e italiano vengono costantemente affiancati) sono solo alcuni degli esiti cui arriva Ledda.
Il libro allora diventa per lo scrittore sardo un terreno su cui possa esprimere e concretare la voglia di “conoscenza”, la stessa che sin da Padre padrone ha sorretto la sua penna.
Elisa Careddu