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SOPRA I FIORI, SOTTO LA CORTECCIA
Farfalle
Anche l’entomofauna, in Supramonte, è ricchissima di specie: d’obbligo, dunque, l’accenno ad alcune tra le più significative.
In primavera, nei pendii rocciosi alti e aperti fa la sua comparsa la Papilio hospiton, un endemismo sardocorso, bellissima farfalla dalle grandi ali gialle e nere tratteggiate di blu e rosso.
Altro endemismo prezioso è la Inachis io sardoa, vanitosamente dipinta di rosso, arancione e nero, che arriva dal vicino Gennargentu.
Coleotteri
Il bosco più fitto, pieno di tronchi marcescenti, è invece l’habitat di un coleottero, endemico anch’esso, il Dorcus musimon.
Si tratta di un raffinato lucanide dalla livrea neroopaca, armato di robuste e appuntite mandibole che lo rendono un insetto esclusivamente xilofago (si nutre cioè solo di legno).
Curiosando sui resti dei vecchi alberi caduti, in quel che resta tra tronco e corteccia, è possibile trovare il dorcus che, non appena si rende conto di essere stato scoperto, assume una posizione cadaverica, ritraendo zampe e antenne contro il corpo, perfettamente immobile.
Rimarrà così sino a quando non riterrà passato il pericolo; allora, con movimenti lenti e studiati, controlla la situazione e va ad infilarsi nuovamente sotto la corteccia!
Il suo futuro è legato in maniera indissolubile a quello delle antiche foreste.
Altro ospite curioso dei boschi del Supramonte, stavolta non endemico, è il cerambice delle querce (Cerambyx cerdo).
E un grande coleottero fra i più grandi d’Europa,
di un bel nero lucente,
dalle lunghe e mobilissime antenne nodose.
E attivo d’estate, soprattutto al tramonto, quando emette il suo caratteristico stridio che ottiene sfregando il protorace con il mesotorace.
Il cerambice nelle grinfie dei bambini di un tempo
Questo insetto ha sempre attirato l’attenzione dei bambini, che se lo portavano appresso esibendolo con orgoglio.
Poi gli infilavano un bastoncino nell’apparato boccale e lo sfregavano sul maglione sino a quando non riuscivano a fargli emettere il suo verso.
E più il poveretto «strillava» più era ragione di blasone per il fortunato proprietario.
Lo chiamavano «su curritolu».
Fortunatamente le nuove generazioni di bambini hanno ben altri giochi per trascorrere il tempo e non conoscono questo crudele divertimento che, è inutile dirlo, si concludeva con la morte del povero «curritolu».
[foto in alto: Papilio hospiton, di P.C. Murru]