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L’INVISIBILE BUE MARINO
Il Supramonte fronteggia il Tirreno con alti bastioni calcarei, si chiude a perpendicolo sul mare che penetra nella roccia atrraverso enormi grotte.
A volte però la falesia si apre dolcemente all’acqua e al colore degli oleandri formando le piccole cale incantate del Golfo di Orosei.
Questa era la casa della Foca Monaca (Monachus monachus), ancora comune negli anni cinquanta nelle calette della costa tra Dorgali e Baunei.
Un incontro “ravvicinato”:
Primavera del 1956: studiosi e inviati di varie riviste venivano spesso in Sardegna per documentarsi sulla foca monaca e loro accompagnatori ufficiali erano gli esperti del Gruppo Grotte Nuorese.
Bruno Piredda, uno di questi, nel corso di una spedizione vide all’ingresso di una grotta le tracce fresche di una foca e subito la seguì infilandosi carponi dentro un piccolo harem di foche!
Il maschio, dopo aver osservato a lungo l’intruso, lanciò un latrato violento e si avviò rapidamente verso l’uscita ma Piredda, temerario e abbastanza incosciente, gli saltò addosso e si fece trascinare per un certo tratto.
Finirono in acqua insieme con tutt’intorno cinque o sei femmine che osservavano la scena più incuriosite che spaventate.
Accadeva quando c’erano le foche, ma adesso sono solo ricordi.
Certo, qualche esemplare si fa vedere ogni tanto ed anzi l’ultimo è stato avvistato appena il novembre scorso.
All’uomo, però, la foca oggi serve solo per farne oggetto di campagne pubblicitarie e la sua presenza – preziosa proprio perché rara – viene enfatizzata come richiamo turistico in più.
Ma in concreto non si fa niente, così sembrano poche le speranze di un futuro migliore per la nostra foca, sfrattata da ogni recondito rifugio a causa dell’invadenza dell’uomo-turista.
[la foto in alto è di Egidio Trainito]