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GLI STRUMENTI TRADIZIONALI DELLA MUSICA SARDA
Le launeddas
Nel Campidano sono diffusi i componimenti monodici con launeddas. Le launeddas sono uno strumento a fiato polifono, risalente all’età nuragica, come ha documentato lo straordinario ritrovamento di un bronzetto, raffigurante un suonatore di launeddas, a Ittiri, presso Sassari.
Lo strumento conserva ancora la struttura primordiale: tre canne di varia lunghezza, una lunga circa 60 cm, detta tumbu, che produce la nota grave, una seconda canna lunga circa la metà, detta mancosa (cioè mancina, perché suonata con la mano sinistra), che intona il canto, ed una terza poco più corta di questa, detta mancosedda (o destrina, perché suonata con la mano destra), che accompagna il canto.
Tumbu e mancosa sono unite insieme con dello spago impeciato: l’unione è detta croba, la legatura trobi. La mancosedda invece è libera.
Le tre canne terminano con un becco (cabizza) nel quale intagliata l’ancia (linguazza); per fissare sa cabizza a sa launedda, e per dosare le vibrazioni dell’ancia, si usa la cera d’api.
Le canne hanno quattro fori rettangolari, tranne la prima che ne è priva; nelle canne minori è posta anche una piccola apertura verticale, coperta parzialmente di cera, che serve da registro ed è detta arrefinu (dallo spagnolo refinar, raffinare, perfezionare).
Tutto lo strumento è detto cunzertu (concerto), giogu (giuoco) o anche fasciu ‘e cannas, e secondo la lunghezza delle canne, prende il nome di puntu ‘e organu, contrappuntu, mediana, pipia, fiorassiu, spinellu e altri.
Le launeddas, quando inutilizzate, vengono conservate in un astuccio cilindrico, spesso di cuoio, detto straccasciu (la parola deriva, probabilmente, da turcasso, la custodia delle frecce).
L’esecutore suona lo strumento utilizzando la tecnica del fiato continuo che permette di inspirare aria attraverso il naso mentre si espira dalla bocca.
Secondo i glottologi il nome delle launeddas deriverebbe da lacuna, e attraverso il diminutivo lacuneddas si sarebbe arrivati al nome attuale. Lacuna e lacunedda sono nomi che indicano corsi d’acqua e la canna lacunedda (che qui come aggettivo, avrebbe il significato di palustre) potrebbe indicare le canne che crescono lungo i fiumi, con le quali è costruito lo strumento.
I componimenti con launeddas vengono svolti su testi verbali complessi (Canzone a Curba, Mutettu, Moda) nei quali l’emissione vocale è aperta e strascicata.
L’organetto diatonico
Diffusissimo in Sardegna è anche l’uso dell’organetto diatonico (organittu o su sonu), facile da usare e utilizzato per accompagnare il canto monodico.
Altri strumenti
Un altro strumento molto antico è su sonettu de canna, oggi scomparso ma ricordato da qualche anziano nell’area rurale. Era formato da molte canne congiunte (simile al flauto di Pan), sulle quali si passavano le labbra introducendovi il fiato.
Oggi con la parola sonettu, si indicano sia la fisarmonica che l’armonica da bocca, molto usate nella musica popolare dell’area cagliaritana.
Altri strumenti sono: sa zaccaredda, sa matracca, su tamburinu, su bucconi (tritone marino), su corru (corno), su solittu (soffio, alito) de canna o de pastori, un piffero, detto anche pipaiolu e sa trunfa (scacciapensieri); la loro diffusione è però ridotta ormai alle sole aree rurali; solo is zaccareddas, dette anche strocci arranas (letteralmente imita ranocchie), ranixeddas o reulas, e is matraccas (tabelle) vengono regolarmente impiegate per la Settimana Santa, e simboleggiano, con il loro strepitio, gli insulti rivolti a Gesù lungo la strada del calvario.
Altri due strumenti ancora utilizzati sono lu piffaru e lu tamburu: il primo è un piccolo flauto traverso di legno o di metallo; il secondo è un tamburo che viene suonato con due bacchette. Entrambi, durante il ferragosto sassarese, precedono la sfilata in costume dei Gremi e danno il ritmo ai portatori dei candelieri.