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LA LAVORAZIONE
dalla farina alla forma 

La lavorazione del pane era affidata quasi esclusivamente alle donne ed infatti occupava gran parte della loro giornata.
Sia che si trattasse di pane d’uso comune o di pane cerimoniale, il procedimento di lavorazione era sostanzialmente lo stesso:

  • la farina veniva versata in una conca di terracotta (SCIVEDDA) o in una madia di legno (LACUS) e quindi impastata con acqua tiepida 
  • si aggiungeva il lievito (FROMENTU, GIMISONE), costituito da pasta di pane tenuta a fermentare al caldo già da alcuni giorni
  • l’impasto veniva lavorato ed infine fatto riposare. Quando la pasta cominciava a gonfiarsi, si rimpastava e si faceva nuovamente fermentare
  • si ripeteva dunque la lavorazione: per i pani soffici (CIVRAXIU, MODDITZOSU) si lavorava la pasta con i pugni chiusi dentro i contenitori; per il pane croccante (PANE CARASAU) la modellatura avveniva su un piano mediante l’uso del mattarello: si ottenevano così sfoglie sottilissime
  • dopo aver modellato il pane, si introduceva nel forno ben caldo con una pala di legno piana, dal manico lungo
  • la cottura aveva una durata diversa a seconda del tipo di pane: per un CIVRAXIU occorreva un’ora, per un COCCOI solo mezza.

    Decorazione
    I pani cerimoniali erano contraddistinti dalla decorazione: essa conferiva loro carattere di eccezionalità.
    Esistevano diversi tipi di decorazione, che potevano anche coesistere.
    Ecco le principali:

    • LUCIDATURA: consisteva nello strofinare il pane con un panno caldo ed umido, esporlo al vapore acqueo ed infine immergerlo nell’acqua bollente 
    • INCISIONE: si praticava con rotelle, semplici coltelli e temperini o anche con ferri da calza
    • IMPRESSIONE: si praticava con timbri di legno, che tracciavano sul pane disegni o marchi di riconoscimento, o con oggetti d’uso quotidiano, come ditali o bottoni del costume tradizionale
    • SFRANGIATURA: si praticava con le forbici, sui bordi o sull’intera superficie del pane 
    • INTAGLIO: era una lavorazione praticata con coltello e forbicine: si ritagliava la pasta in eccesso, ottenendo un bell’effetto di contrasto fra pieno e vuoto.

    *Il proverbio*
    Su pane pro esser bonu/bi queret s’ozu de pala
    l pane per esser buono, vi vuole l’olio delle spalle
    Ossia deve essere impastato a mano

     

      

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