IL VOLGARE DEI PRIMI DOCUMENTI
La Sardegna è la regione italiana più ricca di documenti in volgare. Moltissimi sono infatti i documenti, di carattere giuridico, risalenti al XI e XII secolo. In Sardegna, zona linguistica periferica, il latino era poco conosciuto anche fra i ceti più elevati e nelle cancellerie; perciò i documenti ufficiali, per essere divulgati e compresi da tutti, furono redatti soprattutto in sardo.
I PRIMI DOCUMENTI GIURIDICI DEL SARDO
Tra i primi documenti si trova un privilegio logudorese risalente alla fine del XI secolo, una carta cagliaritana a cavallo tra l’XI e il XII secolo e i più famosi Contaghi, raccolte di atti giuridici. Ricordiamo quello di San Michele di Salvenor, pervenutoci però in spagnolo, e quelli più importanti perché in sardo, di Santa Maria di Bonarcado e San Nicolò di Trullas.
sardo antico e sardo moderno
I primi documenti, di natura ufficiale, attestano una sorta di originaria unità linguistica. Non solo, ma nelle parti meno protocollari di questi documenti, come quelle relative alle trascrizioni delle testimonianze nei processi, si ritrova una lingua sarda pressoché identica a quella attuale, almeno per quanto riguarda il raffronto con i dialetti sardi più conservativi.
campidanese e logudorese
L’omogeneità del sardo antico si perse molto presto. Già nei primi documenti è possibile identificare alcuni elementi che segnalano la presenza di differenze linguistiche fra zona e zona. Nel corso degli anni queste differenze sono aumentate fino a dar vita alle due varianti dialettali del sardo odierno: il logudorese e il campidanese. campidanese che più di ogni altra ebbe contatti con realtà linguistiche diverse.> È possibile individuare, forzando un po’ i confini linguistici, le due grosse macroaree del campidanese e del logudorese.
Le persone che oggi conoscono e parlano il sardo non incontrano, comunque grosse difficoltà nel comprendersi; è indubbio, infatti, che il sardo pur non riuscendo a sviluppare un’unica realtà linguistica, conservi alcune caratteristiche comuni di fondo.
il sardo
Il lessico del sardo non è uguale in tutta l’isola; ogni zona geografica ha avuto una sua evoluzione storica con importi da altre lingue che caratterizzano a tutt’oggi le diverse varietà del sardo; ciò che è costante sono i suoni e la musicalità. I suoni duri, il conservatorismo vocalico, il raddoppiamento consonantico, un certo ritmo della parlata, sono caratteristiche comuni a entrambe le varietà, e soprattutto chi non è sardo le riconosce, come tipiche della parlata isolana.
Lo stesso Wagner, il padre della linguistica sarda, riconobbe al sardo una singolare caratteristica. Egli infatti osservò che pur importando diverse parole da altre lingue, la lingua sarda le ha sempre adattate alla sua fonetica, “rivestendole” e caratterizzandole come sue.
caratteristiche del logudorese e del campidanese
Sia il logudorese che il campidanese vengono parlati in vaste aree geografiche; sono aree disomogenee, dove varianti lessicali, fonetiche e morfosintattiche coesistono; spesso nella stessa zona, infatti, convivono termini e forme tipiche dei due dialetti.
Il logudorese è la variante più conservativa: come dimostrano ad esempio il termine sorre del log. rispetto a sorri del camp. derivanti dalla stessa parola latina soror; oppure la parola mere del log. più conservativa della forma latina maior rispetto a meri del campidanese. È anche possibile riscontrare una netta diversità lessicale: per dire “vuoi” in campidanese si dice (b)olis mentre in logudorese si usa keres. La diversità è anche nei “suoni”: il campidanese risulta sicuramente più dolce, mentre il logudorese è sentito più duro: si confronti fillu del campidanese con fittsu del logudorese, becciu con bettsu.
il gallurese e il sassarese
Nella zona intorno a Sassari e in Gallura sono presenti altri due dialetti: il sassarese e il gallurese, molto simili al dialetto corso imparentato col toscano. Nelle zone in questione, si parlava il logudorese fino al XVI sec. circa e ancora oggi alcuni anziani della Gallura parlano quel dialetto.
Si è spesso discusso sulla opportunità o meno di considerare le varianti gallurese e sassarese come appartenenti al sardo. I documenti più antichi provenienti da questa zona, sono scritti in logudorese; dal XII secolo, invece, influssi “italiani”, in particolare toscani, ma anche genovesi, iniziarono a intaccare fortemente gli usi linguistici della zona. Il Wagner stesso parlò del sassarese come di un “dialetto ibrido che oggi si parla a Sassari, Porto Torres ed a Sorso, la cui base è un toscano corrotto con qualche traccia genovese, e con non pochi vocaboli sardi”; il gallurese fu affiancato al còrso molto vicino al toscano antico
le isole linguistiche di alghero, carloforte e calasetta
Le zone di Alghero, Carloforte e Calasetta sono isole linguistiche. Carloforte e Calasetta sono isole “italiane” in cui si parla genovese, Alghero ospita invece dal lontano dal 1353 coloni catalani. La lingua ha conservato gli arcaismi di quei lontani secoli e si è arricchita, nel corso degli anni, di sardismi e italianismi. Simile sorte, anche se con genti diverse, subirono l’isola di San Pietro (Carloforte) e Calasetta (nell’isola di Sant’Antioco); anche qui nel 1736 arrivarono dei coloni, questa volta liguri di Pegli. Il suono e la musicalità della lingua ha qui accenti genovesi con note sparse di sardo.
L’italiano regionale.
Tra l’italiano e il sardo, esiste un ponte, una zona linguistica di confine dove le due lingue convivono e si mischiano; il risultato è un italiano regionale particolare. Le parole, le costruzioni di frase, i modi di dire, che colorano l’italiano dei sardi non sempre si possono spiegare come imperfette traduzioni dell’italiano. Alcune espressioni sono facilmente spiegabili: andato sei?; parlato hai? sono sicuramente calchi dal dialetto, o meglio dal latino che costruisce la frase col verbo alla fine. Sono poco spiegabili invece i significati particolari di alcune parole: la cameretta per un sardo è sempre la camera da letto dei figli, mentre la canadese è la tuta da ginnastica non la tenda da campeggio.