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“Ecco, quando io metto la mano sull’argilla, su questo malloppo di argilla, sento di schiacciarla, non di farle violenza, perché violenza non si fa. Però di schiacciarla, di accarezzarla, di creare una cosa.”
(Un artigiano)
Queste parole rendono bene l’idea del modo in cui argilla, smalti e colori vengono trattati, prima dalle mani esperte del vasaio, poi dal prodigio del fuoco che completa questa sorta di alchimia.
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L’ ARGILLA
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La scelta dell’argilla (sa terra) è fondamentale.
La Sardegna è ricca di terreni argillosi e ciò permette a qualche ceramista scrupoloso di cavarsi personalmente, ancora oggi, l’argilla
- argilla rossa
usata per lavori decorati col fuoco - argilla bianca o caolino
il nome deriva dal cinese kao-ling che significa alta collina
È l’argilla utilizzata per lavori fini. - argilla grigia
utilizzata per il vasellame comune (marigas, fraskus, sciveddas).
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COME SI DA’ LA FORMA
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La maniera più nobile e persino spettacolare di dar forma all’argilla è la lavorazione al tornio.
Qui si vede l’artigiano, la sua maestria, la sensibilità nell’interazione con la materia, la profonda conoscenza dei mezzi a sua disposizione.
Da questo tipo di lavorazione vengono fuori pezzi unici, dalle forme spesso ardite.
Per piccole produzioni in serie si usano tecniche di foggiatura a stampo.
LA LAVORAZIONE AL TORNIO Traballai a sa roda
lavorare al tornio era ed è compito del maestro, per via della elevata difficoltà tecnica che richiede.
Oggi i maestri tornianti pluripremiati si trovano ad Assemini sempre pronti a mostrare la loro abilità a sa roda.
Ogni tipo di oggetto richiede una gestualità pertinente alla forma che si intende darle, ma ci sono comunque una serie di sequenze base:

cioè centrare perfettamente nel piatto l’argilla da forgiare, con un gesto deciso si schiaccia l’argilla nel piatto e col palmo della mano si incomincia ad allargarla.
è la seconda fase, quella del sollevamento della materia.
L’argilla viene tirata su a formare una grossa base, si sbozza una prima forma.

in questa fase si dà all’oggetto l’altezza voluta, con tre dita (pollice, medio e indice) si sollevano modeste quantità d’argilla verso l’alto, si vedono tante piccole onde di materia che salgono.
E’ giunto il momento di dare la forma voluta, attraverso strumenti di legno (sa tabedda) e di ferro si plasma e si assottiglia fino ad ottenere una mariga o una scivedda.
COLAGGIO
con questa tecnica si ottengono delle piccole produzioni in serie.
Si prepara uno stampo in gesso con la forma desiderata si fanno combaciare le due parti e attraverso una apertura si cola l’argilla precedentemente ridotta allo stato di barbottina, cioè liquido. Raggiunta dopo ore una certa durezza si libera la forma dallo stampo, si ripuliscono i bordi, si ritocca e l’oggetto è pronto per la cottura.
STAMPO A POLLICE o A CALCO
tecnica simile a quella dello stampaggio, ma qui l’argilla è allo stato solido e viene fatta aderire alle pareti dello stampo col pollice, ottenendo una forma vuota.
COLOMBINO
tecnica antichissima, ma ancora oggi in uso perché permette di ottenere orci e vasi alti anche un metro.
Si tratta di “salamini” d’argilla di vario spessore che vengono sovrapposti uno sull’altro e di volta in volta plasmati per lisciare le pareti.
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TECNICHE DI COTTURA
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Dopo aver lasciato essiccare is strexius in un posto riparato e averli verniciati rapidamente, questi sono pronti per la delicatissima fase della cottura.
Oggi grazie ai forni elettrici e a gas i rischi sono decisamente minori rispetto a quelli derivanti dai capricci del forno a legna.
- Forno a legna
sono pochissimi oggi quelli usano questa tecnica, troppo rischiosa e troppo lenta, ad Assemini si può trovare ancora un forno tradizionale funzionante.Su forru è composto fondamentalmente da due parti: la camera di cottura e la camera di combustione, nella prima vengono caricati i vasi, tutti capovolti, nella seconda, completamente interrata, si accende il fuoco che raggiungerà con fiamme altissime la pila di brocche e marigas sapientemente collocate da su strexiaiu.
Dopo aver murato la porta di carico delle ceramiche si
accende un piccolo fuoco per akkallentai, trascorse un paio d’ore inizia la seconda fase di cottura con fiamme più alte alimentate con rami di cisto, passano tre ore prima di far raggiungere temperature altissime al forno con fascine che chiudono la porta del focolare.
Questa fase si ripete almeno un paio di volte fino a che l’incandescenza del carico assume il colore voluto, dopo di che si spegne tutto e solo l’indomani si scarica il forno con gli scongiuri del caso.
- Forno elettrico
per la semplicità d’uso e per la facilità d’alloggiamento è abbastanza diffuso, si presta specialmente per cotture a terzo fuoco, tecnica usata per ceramiche decorate con oro zecchino. - Forno a gas
adatto per ottenere effetti ossidanti sugli smalti, è preferito
anche per i bassi costi di utilizzo.
Foto dall’alto:
Ceramista al tornio, SP
Lavoro al tornio in sequenza, SP
Forno a legna, © Centro Pilota
Forno elettrico, SP