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La storia della ceramica sarda parte da molto lontano: nei musei archeologici dell’isola sono conservati bellissimi esempi di ceramica preistorica, prenuragica e nuragica, e romana.
Dei periodi medioevale e rinascimentale restano poche tracce.
Il primo documento ufficiale che testimonia la presenza nell’isola di una produzione ceramica è lo statuto del gremio dei figuli di Oristano del 1692.
Lo statuto documenta l’esistenza di una corporazione forte ma ferma, nelle tecniche produttive, a modelli medievali: si producevano esclusivamente stoviglie per un consumo popolare (l’estrecho de terra), nettamente più rustiche del finissimo vasellame proveniente da Napoli e Savona.
Nell’Ottocento il problema della ceramica sarda viene affrontato in modo radicale dal Lamarmora, il quale decise di impiantare in Sardegna industrie ceramiche per sfruttare l’ottima argilla disponibile nell’isola nella creazione di pianelle, tegole, mattoni per un’edilizia in rapida espansione.
Le fornaci per la produzione di materiale edile sono destinate a spegnersi in breve tempo, mentre la produzione di vasellame mantiene una persistente vitalità nei centri di Assemini, Pabillonis, Decimomannu e Oristano.
Il nuovo secolo sancirà la definitiva consacrazione della ceramica sarda a livello nazionale.
E’ grazie a uomini come Ciusa, i fratelli Melis e più avanti Badas, Tavolara, Fancello che oggi l’arte figulina sarda è famosa in tutto il mondo.
Nel 1919 lo scultore Francesco Ciusa apre a Cagliari la ditta S.P.I.C.A. (Società per l’Industria Ceramica Artistica) sulla scia di un rinnovato interesse per le tradizioni popolari che riguarda non solo l’isola ma l’intera Europa.
La ditta è la prima struttura organizzata di produzione artigianale che cerca di mantenere in vita la tradizione della terracotta rustica.
Nel 1924 la creazione di Ciusa chiude i battenti non prima di aver ottenuto l’anno precedente la medaglia d’oro alla Biennale d’Arte Decorativa di Monza.
Federico Melis, già allievo di Ciusa che nel 1925 apre
a Oristano la Scuola d’Arte Applicata, con la collaborazione di Vincenzo Farci avvia ad Assemini la prima scuola-bottega d’arte ceramica poi trasferita a Cagliari nel 1927.
Introduce una grosa novità: la decorazione a fuoco a fronte di quella a freddo, l’unica realizzata sino ad allora in Sardegna.
Intanto anche a Dorgali prende vita una scuola-bottega sempre
grazie all’ingegno di un altro allievo di Ciusa, Ciriaco Piras, il quale impianta una produzione ceramica che si avvale dei disegni di Salvatore Fancello, formatosi a Monza ma con un forte senso della tradizione sarda che reinterpreta con linee spezzate e rapidi segni.
Un definitivo impulso alla ceramica artistica si ha negli anni Cinquanta quando sono numerosi gli artisti e gli architetti che collaborano con gli artigiani fornendo i disegni per le loro creazioni.
Un connubio che fonde esperienza e sapere, favorendo la nascita di nuove leve con corsi professionali e apprendistati in bottega organizzati da enti pubblici come l’E.C.E.S. e l’E.N.A.P.I.
Nel 1957 il Consiglio Regionale sancisce la nascita dell’ISOLA, l’Istituto Sardo per l’Organizzazione del Lavoro Artigiano, con lo scopo di promuovere e assistere l’artigianato locale.
Da allora e fino ai nostri giorni è un susseguirsi di manifestazioni, concorsi e dibattiti che sanciscono ancora una volta come la tradizione sia al servizio della creatività artigiana, sia per quanto riguarda le forme che relativamente alle tecniche di lavorazione.
Foto dall’alto:
Salvatore Fancello, fine anni Trenta, © Ilisso
La Bottega d’Arte Ceramica di Federico Melis ad Assemini, 1926-27 circa © Ilisso
Laboratorio di Ciriaco Piras a Dorgali, anni Venti © Ilisso .