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“Ecco, quando io metto la mano sull’argilla, su questo malloppo di argilla,
sento di schiacciarla, non di farle violenza, perché violenza non si fa.
Però di schiacciarla, di accarezzarla, di creare una cosa, questo si.”
(un ceramista)

Queste parole rendono bene l’idea del modo in cui argilla, smalti e colori vengono trattati prima dalle mani esperte del vasaio, poi dal prodigio del fuoco che completa questa sorta di alchimia.

Tipi di argille.
Fondamentale la scelta dell’argilla (sa terra), di cui la Sardegna è ricca di varietà, ciò permette a qualche ceramista scrupoloso di cavarsi personalmente, ancora oggi, l’argilla.

  • argilla rossa, per lavori decorati col fuoco;
  • argilla bianca o caolino, il nome deriva dal cinese kao-ling che significa alta collina, è l’argilla utilizzata per lavori fini;
  • argilla grigia, utilizzata per il vasellame comune (marigas, fraskus, sciveddas).

Lavorazione dell’argilla
E’ la fase in cui ogni artigiano fa emergere la sua maestria nel dominare la materia inerme.

  • Foggiatura al tornio, traballai a sa roda lavorare al tornio era ed è compito del maestro, per via della elevata difficoltà tecnica che richiede. Oggi i maestri tornianti pluripremiati si trovano ad Assemini sempre pronti a mostrare la loro abilità a sa roda. Ogni tipo di oggetto richiede una gestualità pertinente alla forma che si intende darle, ma ci sono comunque una serie di sequenze base:

1) assentai su kukku, cioè centrare perfettamente nel piatto l’argilla da forgiare, con un gesto deciso si schiaccia l’argilla nel piatto e col palmo della mano si incomincia ad allargarla.

2) donai s’ampillida, è la seconda fase, quella del sollevamento della materia. L’argilla viene tirata su a formare una grossa base, si sbozza una prima forma.

3) sa tirada, in questa fase si dà all’oggetto l’altezza voluta, con tre ditta (pollice, medio e indice) si sollevano modeste quantità d’argilla verso l’alto, si vedono tante piccole onde di materia che salgono. E’ giunto il momento di dare la forma voluta, attraverso strumenti di legno (sa tabedda) e di ferro si plasma e si assottiglia fino ad ottenere una mariga o una scivedda.

  • Colaggio
    Con questa tecnica si ottengono delle piccole produzioni in serie. Si prepara uno stampo in gesso con la forma desiderata si fanno combaciare le due parti e attraverso una apertura si cola l’argilla precedentemente ridotta allo stato di barbottina, cioè liquido. Raggiunta dopo ore una certa durezza si libera la forma dallo stampo, si ripuliscono i bordi, si ritocca e l’oggetto è pronto per la cottura.
  • Stampo a pollice o a calco
    Tecnica simile a quella dello stampaggio, ma qui l’argilla è allo stato solido e viene fatta aderire alle pareti dello stampo col pollice, ottenendo una forma vuota.
  • Colombino
    Tecnica antichissima, ma ancora oggi in uso perché permette di ottenere orci e vasi alti anche un metro. Si tratta di “salamini” d’argilla di vario spessore che vengono sovrapposti uno sull’altro e di volta in volta plasmati per lisciare le pareti.

Tecniche di cottura.
Dopo aver lasciato essiccare su strexiu in un posto riparato, averlo verniciato rapidamente, questo è pronto per la delicatissima fase di cottura. Tuttavia, oggi grazie ai forni elettrici e a gas i rischi sono minori, ma non per questo inesistenti, rispetto a quelli derivanti dai capricci del forno a legna.

  • Forno a legna, sono pochissimi oggi quelli usano questa tecnica, troppo rischiosa e troppo lenta, ad Assemini si può trovare ancora un forno tradizionale funzionante. Su forru è composto fondamentalmente da due parti: la camera di cottura e la camera di combustione, nella prima vengono caricati i vasi, tutti capovolti, nella seconda, completamente interrata, si accende il fuoco che raggiungerà con fiamme altissime la pila di brocche e marigas sapientemente collocate da su strexiaiu. Dopo aver murato la porta di carico delle ceramiche si accende un piccolo fuoco per akkallentai, trascorse un paio d’ore inizia la seconda fase di cottura con fiamme più alte alimentate con rami di cisto, passano tre ore prima di far raggiungere temperature altissime al forno con fascine che chiudono la porta del focolare. Questa fase si ripete almeno un paio di volte fino a che l’incandescenza del carico assume il colore voluto, dopo di che si spegne tutto e solo l’indomani si scarica il forno con gli scongiuri del caso.
  • Forno elettrico, per la semplicità d’uso e per la facilità d’alloggiamento è abbastanza diffuso, si presta specialmente per cotture a terzo fuoco, tecnica usata per ceramiche decorate con oro zecchino.
  • Forno a gas, adatto per ottenere effetti ossidanti sugli smalti, è preferito anche per i bassi costi di utilizzo.