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Le lavoratrici del merletto “Filet”

Su Randau: è così chiamato a Bosa, il “Filet”, un merletto di filo spe­ciale e dai tagli diversi, che poi collo­cato in un telaio, viene ricamato arti­sticamente con disegni vari, uccelli, animaletti, ecc. dai motivi decorativi, interessanti e delicati.

Queste reti di filet servono per ornare tende, tendine per finestre e decorare l’ambiente.

Nel passato esistevano corsi profes­sionali per istruire le giovani. Oggi le donne ricamatrici, sono ancora molte e tutte dalle mani fatate. Per lavorare questi merletti, si siedono nell’andito delle case, e nelle belle giornate al­l’aperto, nelle soglie e lavorano in gruppo anche se il lavoro è singolo e richiede attenzione e pratica.

È un’arte meravigliosa e le ricama­trici sanno tessere impalpabili fili, creando stupendi lavori, che hanno la “trasparenza dell’aria e la grazia dei mattini primaverili”, dice Marcello Serra il grande scrittore e poeta inna­morato della sua Sardegna, in partico­lare di Bosa.

Riunite in gruppo all’aperto cantano o recitano preghiere.

Si raccontano molte favole sulla na­scita di questo ricamo, attribuite alle abitanti delle “domus de Janas” (Cara­mitas de Fada, Ispelluncas Silatari, Monte Nieddu, ecc.).

Molti turisti passano in quelle vie per ammirare le prodigiose invenzioni nate dalle dita e dal cuore delle donne di Bosa.

Non mancano le storielle e gli avve­nimenti curiosi sugli ospiti turistici che si recano al Castello.

Un giorno le donne e le ragazze, stavano sedute nelle vie sotto il Ma­niero, ricamando il Filet, mentre i loro figlioletti giocavano nell’ acciottola­to, quando arrivò una lucente vettura straniera, dalla quale scese un’ elegan­te signora turista tedesca, che si avvi­cinò ai bimbi, senza dir nulla, ne prese uno in braccio e gli diede uno scatolo­ne di giocatoli e baciandolo ripartì.

Le donne restarono meravigliate e scherzavano, ma una di loro disse:

Non è una fata: è una ricca tedesca che ha sposato un muratore bosano (e fa il nome). In quelle vie caratteristiche, sotto il castello e la chiesetta della Madonna di “Regnos Altos”, ci sono sempre avvenimenti curiosi che allie­tano le nostre lavoratrici di Filet.

Un giorno un giovane bosano, in vena di scherzi, fece finta di svenire per la fame. Si precipitarono vicino le ricamatrici e gli chiesero che cosa aves­se. Una però gli buttò un secchio d’ ac­qua fredda e lui si “svegliò”… “Mi sento male, disse, perché sono più di dieci giorni che non mangio…”.

Anche le donne (come gli uomini) bosane hanno l’umorismo facile e una gli rispose: “Oh iscurèddu” (o povero meschino…).

“Ecco un ramo di rosmarino, procu­rati un cosciotto di porcetto arrosto e mangia…”.

Ottorino Mastino

© Sardegna Magazine Settembre 2000