Home E Un’Isola un Continente E MONTE ARCOSU>IL CERVO SARDO 

E’ verosimile che esemplari di Cervus elaphus siano approdati in Sardegna al seguito dei primissimi colonizzatori e si siano in seguito ambientati nell’isola. Tale ipotesi trova conforto nelle prime testimonianze fossili, databili ad oltre 3 mila anni fa, quando nell’isola imperava l’epopea nuragica.

Nonostante l’appellativo “corsicanus” che nella sistematica individua il cervo sardo, le testimonianze probatorie della presenza in Corsica sono molto più recenti e risalgono al 500 d.C., tanto che è verosimile pensare ad una sua introduzione dalla Sardegna.

Toponimi uniformemente diffusi in tutta l’isola testimoniano una presenza capillare e abbondante, tanto che nel Dizionario degli Stati Sardi del Casalis, edito a Torino nella seconda metà dell’ottocento, è riportato un significativo «solito selvaggiume» per quanto riguarda la presenza del cervo.

Ad aprire la strada allo sterminio fu un’imposizione di stampo coloniale, decisa dal governo sabaudo intorno alla fine dell’ottocento, che autorizzò il disboscamento estensivo di vastissime aree della Sardegna per ricavare traversine ferroviarie e carbone. Privato della protezione del suo ambiente, il cervo subì una vera e propria estirpazione. Alla bramosia dei cacciatori, aizzati e non scoraggiati dalla crescente rarità, si unì spesso l’efficacia di autentici professionisti, mestieranti che campavano di caccia; di molti e per molto tempo si racconteranno le gesta enfatizzate, specie per quelli che riuscirono ad abbattere «l’ultimo». Ci fu anche chi toccò picchi da primato. L’abbondanza del tempo certo lo favorì, ma tal Giovanni Caddeo da Putifigari, piccolo borgo rurale, non sprecò né tempo né colpi, e da un singolare diario arrotolato, rinvenuto nella sua capanna dopo la morte, uscirono cifre sbalorditive: 2084 daini, 3046 cinghiali e nientemeno che 1846 cervi abbattuti nei primi decenni dell’Ottocento. La notizia è riportata sempre dal Casalis.

Finalmente nel 1939  la legge decise di proteggere il cervo (insieme ad altri selvatici); ma l’olocausto continuò senza freni. In tutta l’isola il futuro sovrano di Monte Arcosu fu sterminato con pignoleria. Salvo un centinaio di esemplari sopravvissuti all’interno delle immense valli boscose dei monti di Capoterra e dei Sette Fratelli, ad est ed a ovest di Cagliari, e nelle foreste di Montevecchio (costa sud-occidentale). Ma la storia ha un lieto fine. Negli ultimi venti anni una serie di concomitanze fortunate si sono verificate a suo favore: aumento della sensibilità, inasprimento delle pene per i bracconieri, intensificazione del controllo, creazione dei primi recinti per l’allevamento in cattività e, soprattutto, l’istituzione dell’oasi di Monte Arcosu. Il risultato è stato sorprendente ed oggi in Sardegna vivono almeno 3000/3500 esemplari di cervo sardo.

  •  la nascita dell’oasi 
  • Monte Arcosu oggi e il problema del bracconaggio  
  • le attività di ricerca e i progetti  
  • obiettivi e gestione  
  • per visitare la riserva  
  • gemellaggio Monte Arcosu-El Feidja (Tunisia)