Monte Arcosu era un’immensa riserva di caccia privata, estesa oltre tremila ettari, e comprendente, oltre alla montagna, il groviglio di vallate che la cingono a sud e ad oriente. Rupi, forre, ruscelli, radure, conche ingarbugliate di macchia e bosco. E abitate dal cervo sardo. Quando le riserve di caccia furono abolite, i proprietari decisero di vendere l’intera area per seicento milioni. Era il 1984. La Sardegna si apprestava a perdere un altro dei suoi preziosissimi gioielli. Ma ci fu chi non lo permise.
Erano i tempi delle infuocate crociate del WWF in difesa del cervo e lo slogan «No allo sterminio» fu il grido di battaglia di una esaltante campagna di sensibilizzazione. Così quell’annuncio di vendita trovò cuori pronti a rischiare, seicento milioni non erano affatto uno scherzo!. Sopralluoghi, incontri, discussioni, remore, entusiasmi, incertezze, capacità di azzardo sfociarono infine in una irripetibile raccolta di fondi, che consenti di centrare l’obiettivo.
«Ma molto, moltissimo fece la gente comune: operai e circoli ferrovieri, gruppi di detenuti e grandi industrie, sezioni di partito e infermieri di ospedale, note attrici e uomini politici contribuirono a questa difficilissima impresa; i bambini risposero in maniera commovente, decisi a salvare un animale che forse non avrebbero mai visto», dirà col solito commosso fervore Fulco Pratesi, a commento di quanto accadde in quei giorni di febbrile impegno.
Monte Arcosu era salvo; era proprietà del WWF, che significa di tutti i sardi e dell’intera comunità. Per sempre. Nel 1995 verranno acquistati anche i 600 ettari del Monte Lattias, dirimpettaio di Monte Arcosu, con i proventi di una campagna foreste.
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- gemellaggio Monte Arcosu-El Feidja (Tunisia)