FABRIZIO DE ANDRE’
Gallura, Supramonte
“Cosa v’è in un nome?
Quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro nome.”
W.Shakespeare, Romeo e Giulietta.
La bellezza di qualcosa non risiede nel suo nome. Ed a distanza di secoli, un altro poeta raccolse quella stessa riflessione, dedicandola a quei luoghi che erano riusciti a conquistarne il cuore, facendolo innamorare a tal punto da perdonar loro la momentanea privazione della libertà sua e della sua compagna; ed i Monti di Mola improvvisamente diventarono musica.
Musica lo erano già: il vento impetuoso che soffia sulle rocce granitiche in millenaria contemplazione della costa, sono musica; il mare smeraldino che accarezza la battigia e si ritira, è musica; il canto dei gabbiani, nelle albe e tramonti estivi, è musica.
Alla musica ha affiancato però le parole, parole spesso prese in prestito alla lingua di quei luoghi, quasi a non volerne turbane l’equilibrio, facendole integrare e danzare con il mondo circostante.
Luoghi cui, se guardi il cielo,tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo,e una lettera vera di notte falsa di giorno, di cui ha imparato ad ascoltare e cantare la bellezza, ma anche il dolore dei suoi abitanti; come quello di chi aspetta il suo Marinaio di foresta senza sonno e senza canzoni, senza una conchiglia da portare o una rete d’illusioni.
Faber non ha amato però solo i Monti di Mola, ma l’Isola intera, definendola in qualche occasione come il suo ideale di paradiso. Ne divenne parte, essendone già parte, forse senza neanche immaginarlo. E quei boschi, quelle coste, quella natura che incanta, ancora lo ricorda e lo canta, con la voce del mare, del vento, dei gabbiani.
I Monti di Mola diventarono Costa Smeralda, non a caso il trademark per eccellenza della bellezza isolana; ma i profumi e i suoni, immergendosi totalmente nella loro essenza più profonda, non potranno cambiare mai.
Nato a Genova nel 1940, de Andrè divenne il cantore di un’intera generazione, dipingendo con la sua voce infiniti ritratti di “vinti” e diseredati; negli anni ’70 si trasferisce in Sardegna, terra da cui ha spesso tratto ispirazione per le sue canzoni, dedicandole l’album “l’indiano, del 1981, e numerose altri testi, tra cui “Monti di Mola” del 1990. Isola che non ha mai abbandonato e smesso di amare profondamente.
Roberto Dessì
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