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GIUSEPPE GARIBALDI
Caprera, la Maddalena    

 

 

Per molti, mare è sinonimo di vacanza. Per altri risorsa ma anche ostacolo, barriera.

Per pochi, pochissimi, è casa: una seconda pelle, un fratello da cui non separarsi mai. A costo di vivere isolati dal resto del mondo. C’è il mare, e non si ha bisogno d’altro che della musica della risacca a dare il buongiorno, dei riflessi del sole che vi si specchia al tramonto, immergendosi dopo una lunga giornata ad illuminare l’altro blu, quello del cielo.

La terra diventa lontana, quasi inutile, fintanto non riesci a trovare il giusto compromesso tra terra e mare, bianco e il nero, l’anima indomita del conquistatore di due mondi, e quella riflessiva e paziente dell’agricoltore, in perenne lotta con gli elementi tutt’e due. E quella è l’isola; Sulle cui cime di granito, io sento / Di libertade l’aura  /o mia selvaggia  / Solitaria Caprera.

E selvaggia lo era, Caprera. I pochi /Abitatori tuoi ruvidi sono / Come le rocce che ti fan corona; tanto da richiedere anni, una vita di lavoro, per essere resa abitabile. Dissodando il terreno, spaccando le imponenti rocce di granito, seminando dove prima erano lentisco e mirto gli unici padroni.

Tanto selvaggia quanto affascinante, tanto invivibile da volerci passare il resto della vita; sono ancora gli estremi a colpirci, le contraddizioni di un luogo dove è impossibile non trovare la pace, la misura e l’essenza della vita. Guardando il mare dalla terra, fissando la linea dell’orizzonte per cercarne la fine, lo stesso mare solcato negli anni da altri grandi della storia, come se in quel punto esatto si fossero dati appuntamento per un ultimo saluto.

…E l’ermo / Anelante, cercai sul derelitto / Lido della Sardegna, e te trovai /Caprera venturosa. Oh! /caro scoglio,/Refugio amato dal mio cuor, qual donna/Amata! E se scordar potessi il Mondo/Tra i tuoi dirupi, nulla più vorrei/Desiderar su questa terra, e un sasso/Chiederti del superbo tuo granito/Per ricoprirmi…!

I lidi della Sardegna non sono certo più derelitti, Caprera non è più soltanto uno scoglio preda del flagello tempestoso di bora, ma per lo spirito dell’isola il tempo e il calendario si sono cristallizzati  il 2 giugno del 1882, alle 18.20. Il masso di granito ha davvero coperto le spoglie dell’eroe dei due mondi, che aveva trovato la sua maturità e pace attraverso i paesaggi dell’arcipelago, attraverso l’orgoglio ed il calore dei suoi abitanti. Volle un ultimo saluto al suo mare, a cui avrebbe voluto ricongiungersi subito dopo la sua morte; un ultimo sguardo rivolto al tramonto che chissà quante volte aveva visto dalla sua casa bianca, o sulla coperta di una barca sul Rio Grande. Spettacolo di cui non ci si stanca mai.

Nato a Nizza nel 1807, Garibaldi è tutt’oggi icona italiana per eccellenza; avventuroso combattente, navigatore intrepido, trovò la sua dimensione più meditativa e poetica sull’isola di Caprera, dove pose piede per la prima volta nel 1855, e su cui decise di ritirarsi, deposte le insegne di eroe dei due mondi. Garibaldi fu anche poeta, mettendo in versi la propria vita nel Poema Autobiografico, opera da cui è in parte tratto questo articolo.

Roberto Dessì

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